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Cosmographia Libro primo Parte 2
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Hor cominciando dagli principij, primo dico ch'el cielo è di forma spherica, et ch'el suo moto è circulare. Questo appare per experimento59 manifesto, perché vedemo le stelle levarsi et a poco a poco per circuito andare ad l'occaso [C:8r] et sempre apparere d'una grandezza. D'onde non è dubio che con una medesima distantia dala terra sempre attorno girano. Questo medesimo se confirma per quelle stelle, le quali al manifesto polo vicine mai si colcano, perché, girando, interi circoli et equidistanti intorno al polo descrivono. Onde si comprende che tutto il cielo insieme sopra un asse circolarmente volge.

[Anti.] Qui non si può contradire, perché si altro moto che circolare il cielo60 facesse, non fora sempre una medesima la distantia de le stelle da la terra. Onde avvicinandosi maggiori, et allontanandosi minori a noi si mostreriano. Il che non vedemo. Ma dimmi perché alcune volte il Sole, la Luna, o altra Stella presso al'horizonte paiono magiore del solito?

[Nico.] Perché tando il Sole o Stella, transparendo per qualche vapore aqueo et diafano, non appare nella vera grandezza per la fractione degli visuali radij. Non sai tu che le cose che per l'acqua, per lo cristallo, vitro o altro diafano corpo trasparono, sempre la vista ingannano nella grandezza, forma, sito, et numero; secondo la varia figura del diafano, come gl'autori de la prospectiva c'insegnano61?

[Anti.] Bene sta, hor torna dove lassaste.

[Nico.] Da che dunque e'l moto del cielo è circolare et sopra un asse vuolge, potria stare che la forma sua fosse conica, o cilindrica, o d'alcun'altro tornatilo corpo, che sopra l'asse suo rotasse. Ma perché li cieli l'uno tra l'altro, come le spoglie de una cepolla, involuti sono, et sopra diversi assi girano, non potrà essere quella tornatile figura altra, che sperica. [C:8v]

[Anti.] Tu dici bene, perché si d'altra forma, che sperica, gli cieli fossero, per li diversi moti si romperiano, o bisogneria negare quest'altri moti. Et più inconveniente fora farli in forma di piramide, o cubo, o altro parallelepipedo, o polijedro solido. Et ancora sequiria questo inconveniente che fuor del cielo ora vi fora vacuo, ora corpo. Il che fora impossibile, come Aristotele nel libro del Cielo et Mondo62 raggiona.

[Nico.] A questo aggiongo che la natura sempre cerca la meglio commodità. Onde al cielo, che deve a tutte le cose comprendere, gli diede forma sperica di tutte capacissima.

[Anti.] Come s'intende tal forma esser capacissima?

[Nico.] Perché degli corpi di equivalente superficie circondati, lo più capace, o più grande è la sphera. Come dele plane figure isoperimetre, cioè d'equivalente ambito, la massima sempre fia il cerchio, come Archimede nel libro dele Isoperimetre Figure dimostra.

[Anti.] Io t'ho inteso. Ma nella figura sperica trovasi forse altra commodità?

[Nico.] Sì bene. Perché la spera circa l'asse, o il centro suo girata, sempre un medesimo luoco occupa, sempre dele sue parti l'una a l'altra succedendo, et senza resistenza o agitatione di corpo alcuno extrinseco expeditamente ruota. Il che ala gran velocità, et regularità del celeste moto fu convenientissimo; la qual proprietà in niuno altro solido si trova per causa degl'angoli, et eminentie, come Aristotele ancor argumenta.

[Anti.] Non si può negare. Ma come proverai tu che i corpi del Sole, dela Luna, e dele stelle sperici siano? [C:9r] Conciosiaché la Luna si mostri di tante diversità, ora cornicolata, ora ismenzata, et ora non ben ritonda?

[Nico.] Ti proverò63 cominciando da la Luna, la quale più ti fa dubitare. La Luna è un corpo opaco, che per se non luce, ma dal Sole illuminata riluce. Onde Luna quasi luce aliena si chiama. E come Macrobio scrive, terra celeste dagl'antiqui fu detta. Et quando per la interposizione dela terra il Sole non la vede, se obscura et ecclipsa. Il che non farria se per sé stessa lucesse, come per ignoranza crettero Anaximandro, Antiphone, et Cleomede. Il Sole adonca così detto, prendo Macrobio, che solo luce, et è tale, <che64> illumina sempre (fuor che nel tempo del'ecclipsi) la metà dela Luna, o alcuna cosa più che la metà, perché è maggiore che la Luna. Sia <dunque la Luna65> una cocola, harà due metà o voi faccie, e66 quella faccia che vede il Sole è lucida et l'altra è opaca. Onde in la coniuntione sua col Sole, perché verso il Sole la lucida faccia tene, con la faccia opaca a noi risguarda; et però in quel tempo non appare. Indi dal Sole discostandosi comincia, a poco a poco la lucida faccia a noi scuopre, di modo che ala prima vista una parte cornicolata ne mostra; et però tando [à67] muepsilonnuomicronepsiloniotadeltaetasigma68, cioè lunata si dice. Da poi quanto più s'allontana dal Sole, tanto più de la lucente faccia ci scuopre. Quando dal Sole dista per quadrante ne mostra la mità, e però tando la Luna mezza se vede, et deltaiotachiomicrontauomicronmuomicronsigma, cioè per mezo secta si chiama. Andando più oltra più che la mità ne pare, et più come quando alphamuphiiotachiupsilonrotauomicronsigma si dice, cioè utrinque curva. Finché nell'[C:9v]oppositione tutta la faccia lustra si trova a noi girata. Onde la Luna piena si vede et pialphanusigmaepsilonlambdaepsilonnuomicronsigma, cioè plena Luna s'appella,come dicono Macrobio et Capella. Da indi comincia a costarse al Sole et accostandose a poco a poco l'opaca faccia a noi si va regirando, et quanto de l'opaca si mostra tanto de la lucida si nasconde, finché, come avante meza, e poi cornicolata appare, et ala coniuntione tornata da capo sparisce. Questa è la raggione del crescere, et scemare dela Luna. Et chiunque altramente pensa, senza dubio alcuno s'inganna. Et cossì scrive Alfagrano et Capella, così Beroso69 Caldeo et Aristarcho Samio insegnano, come narra Vitruvio. Hor se la Luna fosse d'altra forma che sperica, questa forma et ordine di cremento et decremento non potria70 per modo niuno stare, è necessario adunque che sperica sia la Luna.

[Anti.] Tu hai fatto per Dio un arguta dimostratione. Ma questa non ti servirà al Sole et all'altre stelle.

[Nico.] Io ne ho un altra più breve. Tu sai che gli pianeti da diversi cerchi circundotti ora da un lato, hor da un altro a noi se mostrano, e sempre rotundi paiono. Il che per niun modo possibil fora, se d'altra qualunque figura, che sperica fussero.

[Anti.] Questo non è dubbio. Perché sola la forma sperica per qualunque verso vista rotunda si mostra, ma che sai tu se li pianeti per un verso a noi sempre si mostrino? Io veggio che dela Luna sempre la macchiata faccia a noi sta volta.

[Nico.] Io ti dico che l'epiciclo così gira le planeti, che hor d'una faccia, [C:10r] or d'un'altra a noi li mostra. Et se tu con l'essempio dela Luna voi mantenere, che li pianeti, con tutto che siano dalli epicicli circondotti, essi ancor tra le concavità, dove son locati, così rotano che sempre d'una faccia si mostrano, questo ancor altrimente non può essere, se non sperice siano le dette concavità et sperici anchor li corpi locati, perché in altro modo o non potranno rotare, o tra essi et le concavità vacuo vi fora, il che la natura non consiente.

[Anti.] Tu hai ridotto la mia obiettione a rifermare il tuo ditto. Et par che con l'armi del'adversario t'hai difeso. Or che potrò io più far se gli teli miei ti giovano?

[Nico.] Vedi ancor che la natura nele cose inferiore molto amò la rotondità, come appare nele pietre, neli tronchi, neli frutti, nel'animali, e questo perché tra le piane, la circolare, e tra le solide, la sperica figura è la più semplice, la più uniforme, la più eguale, la più forte, la più capace. Più semplice, perché il cerchio d'una sola linea, e la spera d'una sola superficie71 se chiude, come anchor Aristotele nel Libro del Cielo e Mondo dice. La più uniforme, perché non ha angulo alcuno, ma tutta è una simillima circuità. La più equale, perché con somma iustitia tutte le circunferentiale parte72 al centro equalmente s'accostano. La più forte, perché non havendo angoli non è obnoxia al'estrinseci nocumenti,73 come le figure angulate, che nell'angoli facilmente si consumano. La più capace, come sopra fu detto. Quinci si conchiude che tra li corpi e la prima, la più nobile, la più degna, la regina è la spera, però tal [C:10v] forma fu agli superiori corpi et ali elementi convenientissima. Et la natura fu sommamente savia, e sperici fece gli cieli, sperico il Sole, sperica la Luna, speriche le stelle, sperici li elementi, sperica la terra, per quanto la sua roza durezza consiente.

[Anti.] Come dunque presso l'horezonte appare più distante il cielo, che nel zenith?

[Nico.] In questo s'inganna la vista, che misura et giudica l'intervallo per l'interiacenti corpi. Quando noi guardamo verso l'horezonte giudicamo quella parte del cielo distantissima perché la vista passa per gran spatio di terra o mare. Ma quando verso il nostro vertice drizamo gl'occhi, non veggiamo materia interposta, la quale di lo intervallo ci faccia accorti; come nela prospettiva si raggiona.

[Anti.] Tu m'hai satisfatto. Ma è tempo che passi a quel che resta.

[Nico.] L'ordine vuole ch'io ti mostri che la terra sia rotunda. Et primo che rotunda sia di livante verso ponente si manifesta, perché le stelle agl'orientali prima nascono, et al meridiano pervengono et se colcano che agli occidentali. Il che per inditio di l'ecclisse lunare si comprende; perché una medesima ecclisse di Luna in due luoghi l'uno più verso livante, che l'altro considerata, ad ambidue in uno instante comincia. Ma al luoco piu orientale sarà più tempo scorso, perché il Sole sarà più dal meridiano elongato, che nel'altro. Et fatta tale observatione in più luoghi, che siano in una linea dal levante al ponente descripta, le differentie dele supputationi del tempo si trovano ale distantie de i luoghi [C:11r] proportionali. Et similmente fia sel tempo se cominci a conputare dal'horizonte. Il che non fora, se la terra da livante a ponente gibbosa non fosse.

[Anti.] Questo è certo argumento; perché se cava fosse, le stelle nasceriano primo al luogho occidentale, che al'orientale. Se piana ad ambi luoghi insieme appareriano.

[Nico.] Et aggionge, che si tal gibosità non girasse a cerchio, le dette differentie di tempi non forano agl'intervalli de luoghi proportionali, come per osservatione si trovano.

[Anti.] Sta bene. Ma come dal austro verso septentrione rotunda si prova la terra?

[Nico.] Perché caminando verso septentrione, l'altitudine di qual voi stella presso al polo, nel meridiano considerata, va crescendo, et molte stelle che nascono et se colcano, ivi né l'uno né l'altro fanno. Et di74 tutto questo il contrario si vede, verso l'austro procedendo, che anchora le differentie delle dette altitudine agli luocali intervalli proportionali si truovano. Il che per nullo modo fora, se la terra da mezo dela tramontana circularmente curvata non fosse.

[Anti.] Tu hai conchiuso bene. Ma non hai parlato anchor dela rotundità del mare.

[Nico.] Quelli argumenti che gibosa75 la terra ci mostravano, ponno anchora la rotundità del'acqua conchiudere. Il che per altre raggioni si può mostrare. Perché nel mezo pelago navigando, altro che mare et cielo non vedemo. Accostando poi76 verso la terra, cominciamo a poco a poco con la vista le montagne, li castelli, le città, li scuogli, scuoprire; che pria non per altro che per la gibosità [C:11v] del mare non pareano. Oltre di questo non vedi tu che quanto più in alto sagliamo, tanto più spatio di mare con la vista scuopremo? Non vedi tu che quei che fanno l'escubie sagliono ne le torri, ne le specule, ne le gabie per più lunge vedere. Et che altra è la causa che men spatio di mare dal basso luogo, che dal'alto si vede si non la sua gibbosa faccia? Cossì io essendo in Mirto, piccola villa di Sicilia tra Milazzo et Cifalù, io vedea gran spatio di mare, vedea Ericusa, et Phenicusa, et l'altre isole collaterali. Da poi montando ad una rocca molto più alta, scuopria molto più mare et due altre isole più lontane, cioè Ustica, et la sua vicina, che prima non mi se mostravano, nel mezzo dele quali il Sole, tando alo estivo tropico vicino, se vedea colcare.

[Anti.] Certo la causa di questa diversità di vista altra non può essere, come tu dici, che lo gibbo de l'acqua.

[Nico.] Ma fa che non habiamo questi manifestissimi argumenti; una sola raggione ci può senza dubio alcuno insegnare che l'aggregato de la terra col mare sia come una palla. Et questa è che l'umbra del detto aggregato nella faccia de la Luna, quando s'ecclipsa, sempre rotunda si mostra ovunque l'ecclipsi accada. Donde certo sequita ch'el detto aggregato per ogni verso rotundo et conglobato sia.

[Anti.] Optimo argumento, si forse alcuno non calunniasse la forma di l'ombra variarse.

[Nico.] Anchora tu sai ch'el natural decreto vuole che le cose, se gravi, al centro corrano. D'onde siegue che [C:12r] necessario sia che la faccia de l'acqua stia così librata che dal centro equalmente s'allontani, et perciò di sperica figura sia. Altramente non fora l'acqua superficie tutta d'una altitudine, perché la parte di quella dal centro più discosta sarria piu alta. Il che fora contrario al prenarrato decreto, et alla natura de l'acqua che sempre al più basso corre, come Aristotile nel Libro del Cielo et Mondo raggiona. Ma la terra che come l'acqua, non fu liquida né sì obediente a fluere, non potte cossì ben rotunda, et regulata faccia conseguire; rotunda fu, quanto la sua restiva inertia patiò77.

[Anti.] Or se altro sopra questo non ti resta, bisogna che oppositioni, che nel principio fece, tu risponde.

[Nico.] Aspetta un poco, che un altra cosa come bella, cossì non da pretermittere me occurre78.

[Anti.] Io l'ascolterò voluntiere.

[Nico.] Noi fin qui habiamo bastevolmente raggionato de la rotondezza deli superiori et inferiori corpi. Né mi piace quella raggione, ancorché Plinio la dica, che l'acqua, essendo corpo homogeneo, deve d'una medesima natura essere con le parti, et perciò come le gottole rotunde su l'herba si fanno, cossì tutta l'acqua quella figura medesima imitare deve. Perché altra è la caggione che la gotta, et altra che tutto l'elemento fa rotundo, quella la siccaggione fugendo in se stessa s'accoglie,79 et agloba; questo per servare l'equilibrio (come fu detto) non può d'altra forma essere, che sperica. Et questa è perché devea essere al suo creatore simillimo. [C:12v]

[Anti.] Come può il mondo ch'è80 corpo, a Dio incorporeo assimigliare?

[Nico.] Questa è una similitudine allegorica, che come Dio è una perfettissima et infinita essentia, cossì la sperica forma è la più perfetta, che si trova et senza principio et fine al centro. Onde tal forma fu al mondo summamente congrua.

[Anti.] Non era tal ragione da lassarsi da banda et parimente che Manilio poeta la dica così: Haec aeterna manet divisque simillima forma, cui neque principium est usque nec finis in ipso, sed similis toto remanet81 perque omnia par est82.

[Nico.] Or vengo a quel, che tu nel principio opponevi, dicendo che né la terra, né l'acqua rotunda ti pare. La terra, come dianzi dissi, per la sua disubediente durezza non potendo come l'acqua in forma ben rotunda raccogliersi, e restò con valli et eminentie. Onde l'acqua scurrendo riempì di quella le più basse parte, et le più eminente scoperte restorno. Et parve provedesse la natura per dar luogo agl'animali terrestri, et alle piante. Né le parti dela terra scuoperte potessero ancor sortire sì rotunda faccia che monti, valli, et piani non havessero. Ma queste tale eminentie, con tutto che a noi grandissime paiono, et sono a rispetto de questa immensa terrestre machina sì piccole, che la total rotundità di quella non impediscono.

Come per causa d'essempio una gran pietra di bombarda a piconi et rozamente lavorata; benché d'anglioni et preminentie tutta sia aspera, puro è rotunda et cocola si chiama. et ancor che come una [C:13r] cristallina o adamantina spera <polita non sia, spera83> puro si potria chiamare. Or tu stai su questo colle et tanto dela terra, quanto del mare sì piccola particella scuopri, a rispetto dela loro immensa superficie, che non puoi la rotundità comprendere. Come se di la circonferenza d'un cerchio, che per caso un miglio girasse, tu pigliasse un arco di due, o tre, o quattro palmi; non potressi comprendere in tal arco curvatura alcuna, anzi linea recta senza dubio alcuno ti pareria. Così se dela superficie d'una spera di non minor circuito, una parte84 di tre o quattro palmi di larghezza pigliasse, tal portione piana senza gibosità alcuna la giudicaressi. Ecco che similmente non puoi la rotundità dela terra comprendere, et l'accqua piana ti pare. E come se sopra l'antedetta cocola di bombarda un pedicolo, o qualsivoglia animaluccio caminasse, non potria altro che pianura, o monti con valli vedere (perché monti gli parriano quelle piccole eminentie) così tu non ti puoi dela rotundità di questa terrestre cocula accorgere, perché così è il pedicolo arispetto85 d'una gran cocula come sei tu a rispetto dela terra, et come quello dela cocula cossì tu della terra la rotondezza non comprendi.

[Anti.] Tu hai così chiaramente et con tanti essempij argumentato, ch'io non posso, sì non cedere, et tacitamente acceptare le tue veraci conchiusoni, et veggio insieme scoverta la stultitia di quei philosophi antiqui che le stelle et la terra d'altra forma che sperica fecero.

[Nico.] Io passo dunque a demon[C:13v]strarti (come l'ordine chiede), e che la terra nel mezzo del mondo posta sia.

[Anti.] Procede al tuo libito.

[Nico.] Che la terra nel mezo stia si prova perché se altrove che nel mezzo fosse, molte inconvenienze sequiriano. Perché se tu <non86> poni la terra nel centro del mondo, quella sarrà, o nel piano dell'equinoctiale, o nell'asse del mondo; o fuor del'uno et l'uno, et l'altro.

[Anti.] Questo è certo.

[Nico.] Or sia prima nella piana faccia dell'equinoctiale, fuor pare del centro. In tal modo ad un medesimo loco dela terra le stelle or propinque, et or lontane forano, et purio87 or maggiori, et or minori pareriano. Questo medesimo inconveniente seguiria, ponendo la terra fuor di l'equinoctiale e fuor di l'asse. Ma nel'asse collocandola non sequiria, perché ogni punto del'asse equalmente dal parallelo per qualunque stella descritto s'allontana.

[Anti.] Dunque per qual inconveniente non potria altrove che nel centro, stare?

[Nico.] Perché ovunque tu la terra fuor del mondano centro ponghi,88 niuno horizonte che fuor del detto centro passi, potria partire il cielo in due mità equali, essendo tal horizonte minor cerchio, et però né il zodiaco, né l'equinoctiale seghirà con parti eguali.

Onde seguita che sopra tal horizonte sei segni non si vedano, et che il Sole, nell'equinoctiale constituto, la notte al dì equale non faccia. Le qual cose sono impossibili et alo esperimento contrarie, oltre questo la raggione deli lunarij eclipsi non fora ferma, perché le dette eclipsi non accaderiano sempre nell'oppositione et, in essa diametrale oppositione, eclisse [C:14r] non fora necessario.

[Anti.] Tu dici il vero; perché la terra essendo fuor del mezo, non fuora in ogni diametro, ma in uno solo. Et troppo vorria esser gran ventura, che l'oppositione accadesse in quel diametro.

[Nico.] Immo si tal diametro andasse per extra gli tropici, discosto quanto tiene a semidiametro dela Luna et del'ombra dela terra, mai accaderia ecclipsarsi la Luna. Perché in tal caso la terra se troveria sempre dal piano del zodiaco sì discosta, ch'el filo dal Sole alla Luna drittamente tirato mai passeria per la terra, et però la terra mai l'aspetto loro mutuo impediria. Anchor se la terra fuor di l'equinoctiale fosse, l'estremità de l'ombre ch'el stilo sul piano di l'orizonte getta, in una dritta linea non forano come vedemo.

[Anti.] Questi son zerti segni che la terra non altrove, che nel centro sia.

[Nico.] Or piglia un altro bello et istruttivo89 argumento, che dal'ecclipse pur se cava. Io piglio due lunari ecclipsi che in due diversi luoghi del zodiaco accadono.

[Anti.] Tu ne potressi pigliare infiniti.

[Nico.] Due mi bastano. Or tu vedi che sì nel'uno, come nel'altro di questi eclipsi, gli luminarij oppositi per diametro stanno, et la terra a loro interposta nel diametro. Onde ne l'uno ecclipsi la terra è in uno diametro del zodiaco, et nell'altra eclipsi è ancor su un altro diametro del zodiaco; è necessario dunque che la terra nela settione di detti diametri sia. Ma tal sectione si fa nel centro del zodiaco, che non è altro ch'el mondano centro; dunque la terra nel mondano centro posta si trova.

[Anti.] Besogneria che in questi due ecclipsi, che tu pigli, il zodiaco si trovasse in una positione, che [C:14v] forte fora ad indovinarli. Altramente tu sai ch'el zodiaco è mobile; et però potrà accadere, che la terra, con tutto che fuor del centro sia in due diverse position del zodiaco, si trovasse in due diametri del zodiaco.

[Nico.] Questi due diametri che tu dici, altro non ponno essere, se non dal tropico punto equidistanti, percioché per quelli passaria quel cerchio al'equinoctiale parallelo, nel quale si trovaria sempre il centro dela terra fuor del centro del cielo posta. Or io, per non dar luogo all'adversario, pigliarò due ecclipsi che accadono in due luoghi del zodiaco non equidistanti dal tropico. Et così arguerò la terra in due diametri del zodiaco trovarsi, nelli quali (comunque posto sia il zodiaco) la terra trovarsi non si può altrimente che nela sectione deli diametri essendo. Onde, come pria, segue che nel centro sia.

[Anti.] Tu hai così ben centrato l'argumento, che questo solo già ci basteria.

[Nico.] Anzi io non contento un altro ne aggiongo. Tu sai90 che ogni horizonte è maggior cerchio, perché ogn'uno di quelli parte l'equinoctiale in due semicirculi, hor io piglio tre diversi horizonte. Et perché la terra, nel piano de ogn'un di quelli si trova, segue che per forza habia essere nel centro de la spera; perché niun punto eccetto il centro, può esser communemente nel piano de ciascun de tre cerchi maggiori. Oltre questo tu sai, come sopra fu detto, che le cose grave per dritto moto il centro appetiscono; et in quello si quietano. Dunque la terra, che è sommamente grave, non può altrove, che nel centro stare91.

[Anti.] Io accetto che le cose gravi naturalmente a un prefisso92 punto cadeno, ma non so certo che [C:15r] quel puncto l'universal centro sia.

[Nico.] Io tel' mostrerò con raggione. Tu vidi che gli elementi per natural hordine, cossì disposti sono che lo più leve, cioè il foco è il più vicino al cielo. Segue appresso l'aere più grave del fuoco et de l'acqua più leggiero, nel terzo luogo l'acqua più ponderosa. Et l'ultima è la terra gravissima, et l'uno l'altro va circondando. Dunque quanto è più93 grave l'elemento, tanto più dal cielo si discosta. Essendo dunque di quelli la terra gravissima, sarrà dal cielo sommamente discosta, et però nel centro collocata, però che il centro è lo più discosto puncto che dal cielo sia. Odi anchor un'altra raggione: fa conto che, per divina potentia, questa gravosa mole fusse in quante voi parte equali divisa. Le qual parte fussero tirate et locate in diversi luoghi del concavo del cielo, et quindi libere lassate andare. Già perché d'una natura, di una grandezza, d'un peso tra loro sonno, et equal spatio in un tempo, ad un medesimo loco perverriano.

[Anti.] Cossì chiede la raggione.

[Nico.] Il che non fora possibile, si altrove che nel centro concurressero.

[Anti.] Chiaro è perché niun punto, eccetto il centro, equalmente dista da ogni torno dala speral faccia.

[Nico.] Ecco dunque che le cose grave naturalmente non ad altro luogo, che al centro corrono, et ivi se stanno. La terra dunque senza dubio nel centro collocata iace.

Un altro confutativo argumento ti vo' fare: perché dimmi un poco tu, in qual parte, in che luogo potea stare questa solida massa, questa grave somma,94 questo feculento globbo, altrove che nel centro? Certo in parte niuna, perché altrimente havria stato propinqua ad un luogo del cielo più che ad un altro et [C:15v] sommamente ad uno. Se havesse stato, per caso, al'artico polo prossima, s'avria forse il polo dela natura lamentato dicendo: Or perché a me avvicinarsi dovea questo vil peso, questo molesto sasso, questo ignobile corpo? non si potea tal molestia al'altro polo dare? Certo ambi siam95 d'una natura, ambi d'una dignità, ambi fermi; et d'un medesimo asse, puncti extremi. Non volea raggione alcuna, ch'io più che quello patisse questo incommodo. Non altrimente l'anctartico polo s'avria lagnato, se a lui la terra havesse avvicinato. Né meno qualsivoglia altra parte del cielo; rimandando sempre la terra all'opposito o ad altro luogo. Dunque per refare96 questa invidia et aquietare tanta lite, la terra si elesse un punto, il qual fosse da tutte parte del cielo equalmente discuosto; et perciò niuna havesse raggione di lamentarsi. Ma questo puncto qual'è se non il centro? Fu adonca il centro loco ala terra naturale et convenientissimo97.

[Anti.] Or chi se potria opporre a tante raggioni et convenienze?

[Nico.] Ancor per un'altra via ti chiarirò come il centro di la terra è uno medesimo col celeste centro98. Come sopra ti mostrai, le cose gravi al centro del cielo naturalmente corrono; et però tutti pesi per dritta linea al detto universal centro calano. Ma quei medesimi pesi perpendicularmente alla librata faccia dela terra descendono, come vedemo, et però al centro di quella necessariamente tendono; dunque questo centro de la terra è con quello universal uno medesimo.

[Anti.] Tu veni a conchiudere che tutti perpendicoli, [C:16r] che a piombo calano, sono cossì del cielo, come de la terra diametri, et quindi, ch'el cielo, con la terra concentroci sono.

[Nico.] Tu l'hai inteso a punto.

[Anti.] Or tu hai cossì acutamente99 et copiosamente, che la terra nel centro universale sia, dimostrato; che dubio non mi resta et chiaramente me accorgo della stultitia di quelli, che credeno ch'el ciel sopra la terra come un forno stia, come a me pareva. Né meno del'error di Xenophane mi rido, che disse che la profondità dela terra in infinito andava.

[Nico.] Veramente di sì stolte opinioni più tosto rider conviene, che disputarne; per errore ala vista ti pareva ch'el cielo in quella extremità del'horizonte con la terra, et col mare gionto fosse. Cossì pare ch'el Sole nel'oceano s'immerga, et che quelle nebule col ciel si tocchino. Cossì nel solare defetto par che la Luna al Sol concurra, et nell'altre coniunctioni con le stelle s'affronte. Cossì pare quel giogo100 del Peloro con le calabre montagne counito. Non si deve tutto, quel che ala vista pare, credere.

[Anti.] Or non consumamo il tempo in queste cose frivole. Vedi che sono scorse homai due hore, et noi anchor neli principij siamo.

[Nico.] Seguita ch'io ti mostri, che la terra per respetto del fermamento quasi un punto sia, perciò si dice quasi un punto che corpo essendo veramente non può esser puncto, il quale, come Euclide dice, è un segno sensa quantitate alcuna. Vuole dunque la conchiusione inferire che la terra al firmamento comparata è sì piccola cosa, che non si sente. Come, per causa d'essempio, fora [C:16v] un grano di pepe, o coriandolo, o altra piccola semenza, comparato ad un cerchio che girasse mille passi.

[Anti.] Orsù vengamo ale raggioni.

[Nico.] Se la terra collata101 al firmamento d'alcuna sensibil quantitate fosse, mai vederiamo la mità del cielo come vedemo, né la mità dell'equinoctiale, né del zodiaco. Perché quanto magior la terra fosse, tanto del ciel menor portione vederiamo. Perché dunque tal cosa non è, ma sempre ovunque nella faccia de la terra siamo, uno hemispherio ci pare et l'altro sta nascosto; però la terra è [di102] sì piccola a rispetto del firmamento, che veder la mità di quello non ci impedisce. Onde tanto quasi del cielo qui sopra la terra scuopremo, quanto nel centro di quella collocati ne vederiamo. Ancora, se la terra d'alcuna importante grandezza fosse al firmamento, le stelle presso all'horizonte lontane et presso li vertice vicine a noi forano. D'onde seguiria ivi piccole, et grandi qui agl'occhi mostrarsi. Questo non è; ma d'una quantità sempre paiono, et però equalmente dala terra sempre distano, non altrimente quasi che se quella centro fosse. Onde cossì nella faccia dela terra et sì grande le stelle vedemo, come se nel centro di quella l'occhio nostro fosse. Et quando di due opposite stelle l'una nasce, l'altra si corica. Onde l'horizonte ha quasi per suo diametro, quel diametro del mondo che gionge le due opposite stelle, et è quasi cerchio maggiore come per lo centro del mondo andasse, è dunque sì piccolo il semidiametro de la terra, che non li fa [C:17r] impaccio. Questo medesimo l'instrumenti ci confirmano. Perché [non li fa103] il quadrante, l'astrolabio quel'altitudine, et l'armillare spera quello luogo, di qual voi stella qui nella terrestre faccia ci mostrano, che nel centro dela terra ci mostreriano. E perciò siam zerti che la distantia degli due centri dell'instrumento et della terra, cio è esso semidiametro de la terra, è sì piccolo, che a respetto del semidiametro del stellato cielo non si siente.

[Anti.] Insino qui tu hai comparato la terra col firmamento. Io vorria, se ti piace, sapere se la terra agl'altri più bassi cieli comparata insensibil anchor sia.

[Nico.] Io ti dico che la grandeza dela terra è ancor a rispetto sì del saturnino come del joviale cielo insensibile. Et a rispetto di quel di Marte anchor non ben si comprende. Comparata a quel del Sole è sì picola, che non se ne fa conto. Agl'altri poi bassi al quanto, et più a quel104 de la Luna si fa sensibile. Onde quando con instrumento alcuno captamo il loco dela Luna, tal luoco si vede alquanto differente dal vero, cioè da quello che dal centro dela terra se ne daria. Ma quando il Sole o stella alcuna observamo, sì picolo è il semidiametro de la terra a comparatione del semidiametro dei loro cieli, che non ci importa dove il centro del'instrumento sia, o nella faccia, o nel centro della terra puosto.

[Anti.] Cossì convien che sia, altremente l'astrolabio nel pigliar de l'ora ne dì <e105> notte il vero ci dirria.

[Nico.] Odi quest'altra raggion de Alphagrano. La più piccola dele stelle ferme, che tu vedi, è assai più grande dela terra, come per [C:17v] certi mezzi, alcuni poi di Ptolemeo provarono. Ma se tal stella al cielo comparata un punto pare; quanto maggiormente per quel medesimo rispetto, punto converrà essere la terra.

[Anti.] Questa è la più chiara ragione. Ma io havria molto a caro che tu mi narrassi le proportione degli celesti corpi a la terra et ancor le distantie loro, et con che mezi si cavaro.

[Nico.] Io non vo' che mi interrompi l'ordine. Questa materia è reservata ad altro luogo. Qui tanto ne toccamo, quanto ala presente conclusione è opportuno. Per ora sappi (la ragione intendirai poi) che chi andasse in alto per questo aerio spatio, et per gli cieli, sempre più e più piccola vederia la terra. Se tu per caso fossi nel cielo lunari, vederessi la terra grossa tre volte et alquanto più di quel, che quinci par la Luna. Se tu fossi ne la solar spera, vederessi la terra manco largha che un quinto di quel, che quinci vedemo il Sole. Se tu fossi nel ciel di Marte, la terra quanto una piccola stella te pareria. Nel ciel stellato a pena la scuopreressi. Credo che ivi stupefatto diressi: Or come esser può che una tanta machina, una tanta grandeza sì piccola paria? Come esser può, che in quel tantillo punto tante castella, tante ville, tante cità, tante provincie, tante isole, tante montagne, tante selve, tante valli, tanti fiumi, tanti laghi, tanti mari capiano? Come esser può, che in sì piccola favilla, tante classi, tanti exerciti, tante guerre vi si facciano, et tante invidie, tante [C:18r] cupidigie, tante malitie, tante frodi vi regnino? Et con queste et altre parole di tanta natura dell'umanità106 beffe ti faressi.

[Anti.] Certo non porria altramente dire di cosa, non men di contemplare, che di maraviglia degna.

[Nico.] Or mi pare havere ordinatamente dimostrato queste quattro conclusioni: cioè chel cielo sia sperico e il suo moto circolare; che la terra sia rotunda; che sia nel mezo del mondo; et che al firmamento comparata quasi un punto sia. Né havria stato bisogno agli astronomi, quanto al fatto dela terra dimostrare altro, se la varietà dele opinioni, et la stultitia de li homini non fosse tanta, che havesse fatto a quelli dubitare, <e107> non si levasse alcuno a dire che il cielo sta quieto, et la terra circa l'asse girando ci fa or nascere, et or colcare il Sole, et le stelle.

[Anti.] Io non credo che homo si trova di sì strana fantasia.

[Nico.] Et chi sa? Comunque sia per excludere ogni dubio, fu ancor necessario mostrare, che la terra, ferma et stabil sia.

[Anti.] Che non si mova per dritto moto, non ti bisogna provare, perché in tal modo si parteria dal centro, che fora contra la terza dele premostrate conchiusioni.

[Nico.] Et oltre ciò, se in tal modo se movesse, bisogneria col suo gran peso sì veloce moto fare, che le men gravi cose ne l'aere lassasse poi di sé. Il che non vedemo. Ma se per circolar moto si movesse, tal moto fora o sopra l'asse del mondo, o sopra un altro. <Sopra un altro108> non può essere, perché cossì ad un luogo la polare alteza si anderia variando. Sopra quel del mondo, o quel voi, ancor per un'altra ragione non è possi[C:18v]bile moversi la terra, perché bisogneria che in ventiquattro109 hore rotasse per tutto il suo gran circuito, et cossì rapido110 moto farria, che non solamente l'edificij, ma li monti anchor roinati restiriano. Et anchor le nebule, et l'augelli, et ciò che nell'aere si trovasse, verso ponente di continuo restar se vederiano. Et se una petra di terra drittamente verso il vertice si gittasse, non caderia nel luogo d'onde fu gettata, come accade in una nave, che camini. Tal cose non vedemo, et però quieta sta la terra. Ancor se la terra, stando nel centro per moto alcuno si movesse, fora contra la sua natura, la qual vole che nel centro si riposi.

[Anti.] Questa ragione è chiara. Perché se le cose grave, come sopra mostrasti, hanno un moto natural d'andare al centro per dritta linea. Onde, nel centro poste, altro moto non possono far, ma si riposano.

[Nico.] Resta una sexta conclusione, la qual inferisce, che i celesti moti in due differentie si trovano. L'uno è il moto primo, del quale nella prima conclusione habiam detto, per il quale tutte le stelle et tutti gli celesti puncti, circoli equidistanti descrivono, deli quali il maximo è quello, il quale da un ponto equalmente dali poli del mondo rimoto si descrive, cioè l'equinoctiale. Questo moto è cognito a tutti, fin ali bruti, et ale piante che sentono l'orto et occaso del Sole, perché quelli nell'occaso del Sole si colcano, e nell'orto si levano; queste la sera languino, et la mattina reviviscono. Et l'herba, dai greci detta epsilonlambdaiotaomicrontauroomicronpiiotaomicronnu, col Sole ruota, come scrive Dioscoride. L'altro moto è al detto contrario, da ponente ver levante, et sopra l'altri poli. Perché li primi observatori [C:19r] dele stelle, vegendo il Sole non sempre ad un ponto del'horizonte nascere o colcarsi, né sempre una medesima meridiana altitudine servare; et la Luna anchor et gl'altri pianeti consimilmente fare, suspicaro111 quelli fare un altro moto non sopra gli poli del mondo perché non equalmente sempre da quelli distavano. Questo medesimo alloro confirmava, che la Luna dal Sole, et essa et gli altri pianeti dale stelle dell'octavo cielo, sempre da ponente ver levante appareano allontanarsi, chi più tardo, et chi più presto or approssimando, et or discostandosi dal polo del mondo. D'onde ferma coniectura fecero che'l Sole, et gli pianeti da ponente a levante sopra un altro cerchio obliquo al'equinoctiale si movono.

[Anti.] Ma le stelle de l'octavo cielo non havesse anchor moto proprio ver livante?

[Nico.] Hanno. Ma è sì tardo, che i primi astronomi non se n'accorsero, ma vedendo che sempre con una distantia tra loro, in uni medesimi puncti de l'horizonte nascevano, in unimedesimi si colcavano, sì pensaro che, in un medesimo cielo fisse, altro moto che'l primo non facessero. Poi per gran discorso di tempo s'accorsero, che esse anchor tutte insieme senza variar tra loro distantia, un moto ver livante facessero. Né hanno possuto ancor la qualità et quantità de detto moto ben comprendere, perché molti migliaia d'anni vi bisogna. Onde diversi sopra ciò hanno diversamente imaginato.

[Anti.] Se tutti gli cieli per lo primo moto da livante a ponente girano, come ponno poi fare altri moti contrarij? Et puote un medesimo corpo per due con [C:19v]trarij moti movere?112

[Nico.] Sì può bene per diversi motori. Come, per essempio, quando cominciando una galea, uno dala prora camini ver la poppa,113 fa due moti contrarij. Cioè l'uno per lo quale la galea lo porta innanti, l'altro per lo quale esso camina per contrario. O come quando una formica insista, et vada contraria ad una rotale mola.

[Anti.] Dunque voi tu che la stella o pianeta, come l'homo, o la formica, per sé si mova? [Nico. Non per sé si mova.114]

[Nico.] Non per sé. Perché cossì il corpo del pianeta penetrando romperia il cielo, come l'uccello l'aere, o come il pesce il mare. Il che fora cosa absurda.

[Anti.] Come dunque si moverà il pianeta?

[Nico.] Portato da <un115> celo separato dal tutto et aciò dedicato. Il quale deferente si chiama. Ma degli moti contrarij al primo, et loro cieli parleremo particularmente <poi. E prima vorrei116> pienamente intendessi il sito di questa mondana machina, perché credo che tu ancor in alcuna cosa dubiti, et non so se ben intendi la ragione degli antipodi.

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