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Cosmographia Libro secondo Parte 1
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[C:37r]

Dialogo secondo della Cosmographia

Di Francesco Maurolico Messinese - - -

Nicomede -:-:-:

Si alcun mi dimandi per qual potissima causa questa mattina io sia venuto in questo maggior tempio di Maria beatissima, quello sappia ch'io son venuto a pregar Dio maximo et optimo, che presti il suo favore et tutela a Carlo Quinto Imperatore nostro, a ciò che, come ha conquistato Tunisio, capo de l'Africa et ombra de l'antiqua Cartagine, così, et con migliori auspicij, possa sotto la christiana ditione mettere tutto il levante et le barbare genti domitare. Di modo che'l mondo si reduca in sì tranquillo stato, che la iustitia, et ogni virtù, già per l'abondantia dei scelerati1 bandita, ritorni, et de le arti bone gli sommersi studij risurgano. Ma chi è colui, che con cenni mi chiama dala porta del'ala destra del tempio? Mi par che sia Anthimacho. Alcuna lite ci apporta Antimacho, come suole?

[Anti.] Dio ti dia pace, o mio Nicomede.

[Nico.] Et quella anchor teco sia.

[Anti.] Raggionando qui un poco innante con alquanti gentilhuomini, da un di quelli un dubio fu proposto circa il moto diurno. Onde havendoti opportunamente visto, te chiamai, ché quello ci solvessi.

[Nico.] Io credo che voi siate hoggi di facende vacui, poiché andate queste speculationi versando.

[Anti.] Tu dici il vero. Vacui siamo, perché vacua la iurgiosa corte.

[Nico.] Horsù fa ch'io intenda il dubio che vi occorre. [C:37v]

[Anti.] Guardando noi in quel cerchio dell'hore per sapere che hora fosse, disse uno della brigata: Come esser può chel moto del Sole diurno sia tanto veloce, quanto gli philosophi dicono, conciosiaché quel ragio, indice dell'hore, che pur col Sole equalmente va rotando, così tardo si muova, che par fermo stare? Ond'io li risposi che potria stare, ch'el Sole, per l'ampieza dela sua sphera, assai più veloce fosse che l'indice, il quale sì piccolo circuito fa. Et ci soggionse: Né in esso Sole anchor io veggio velocità alcuna, anzi sì pian piano camina, che non par caminare.

[Nico.] Io, l'altro iorno tra l'altre cose tra noi raggionate, ti parlai del diurno moto et che rapidissimo fosse ti dissi. Et se m'havessi di questo dubio toccato, che hor si propone, io t'harei tando satisfatto.

[Anti.] Tu mi fai ricordare de la promessa che mi facesti. Et potressi forse hoggi, se altro non t'impedisce, adimpirla.

[Nico.] Io sono debitore di quel ch'ho promesso2. Ma non venni questa mane qui a tal fine. Pure il mosso dubio potria essere occasione, per la qual il debito hora si solvesse.

[Anti.] Et quando ci potrà occorrere più apto tempo et luogo?

[Nico.] Per venire ala instante dimanda, io parlerò del moto primo. Et poi, se tempo avanzerà, sequirò il resto.

[Anti.] Fa a tua posta, io spero chel tempo sarà tutto nostro.

[Nico.] Già tu non sei scordato dele cose nel'altro iorno dette?

[Anti.] Tutto quel che circa la forma, positione e3 numero, tanto dele celesti quanto del'elementari sphere, et circa i cerchi et moti fu tra noi disputato, tegno nella salda mente. [C:38r]

[Nico.] E' necessario che cossì sia perché, senza tai principij, quel che resta, fora una fabrica senza fondamenti. Onde non è huopo qui replicare quel che ivi fu dimostrato. Cioè come il cielo sia spherico, et il suo moto circolare; che la terra sia rotunda, et nel centro, et al firmamento comparata sia quasi punto4, et stabile, et che dupplice sia il celeste moto. Questi sono i principij al'astronomica speculatione necessarij. S'alcun di questi mancasse tutto il resto anderia in roina.

[Anti.] Hor comincia come proponesti.

[Nico.] Questa smesurata, et meravigliosa machina, che di celesti et elementari sphere, l'una tra l'altra chiuse, consta; la qual, dal'ornamento, mondo li Latini, et i Greci kappaomicronsigmaomicronsigma, chiamano, ha negli cieli due differentie di moto. Il primo è quello che sopra l'asse e i poli del mondo, da livante ver5 ponente, ogni giorno una volta dando, fa ultimo cielo, il quale con tal moto seco tira tutte le più basse6 sphere. Il secondo moto è quello, che contrario al primo, cioè da ponente ver livante, fanno sopra altri, et tra loro diversi assi, gli inferiori cieli, et in varij spatij7, del quale poi si parlerà. Hor, per lo primo moto, è necessario chel Sole, et ogni stella, et ogni celeste ponto fuor del'asse, un cerchio descriva sopra l'asse. Onde saranno tai cerchi tra loro equidistanti, et pialpharoalphalambdalambdaepsilonlambdaomicroniota, cioè coalterni, perché sopra un medesimo asse descritti sonno. Il massimo di questi è l'equatore, o vero equinoctiale, perché ugualmente dista dagli poli. Degli altri paralleli, quanto ogn'uno è più [C:38v] vicino al'equinoctiale, tanto è più grande; quanto più s'accosta a qual voi polo e a l'asse, tanto è più piccolo. Onde le stelle ai poli prossime, minimi cerchi descrivono, et degli pianeti, quanto ciascuno è più basso, perché a l'asse più s'avvicina, tanto minor cerchio disegna. Addunca quanto ogni stella più dall'asse si discosta, tanto più veloce moto fa, perché maggior ambito gira, et quanto più all'asse s'accosta (come sono le stelle polari) tanto più tarde rotano. Questo, per essempio, poi veder nelle rote, et nelle mole versatili, nele quali, quanto ogni ponto è più presso al buso de l'asse, tanto più tardo versa. Vero è che come tutte le stelle, in 24 hore, loro paralleli interi descrivono, così, in spatij di tempo equali, simili periferie passano. Per causa8 di essempio, in sei hore ogni stella del suo parallelo un quadrante, et in quattro hore un sextante, et in due un oncia percorre, et cossì sempre quel9 proportione ha l'arco decorso a tutto il parallelo. Hor per venire al dubio che mosse il nostro parlare, questo tal moto diurno nel Sole, è tanto celere, et concitato, che qui tra noi cosa niuna sì veloce imaginare, nonché trovare, si potria. Quel raggio, o vero indice del'hore, in quel cerchio horario si move sì tardo, perch'è tanto propinquo a l'asse del moto, et piccolo circuito fa, come tu et bene rispondevi. Ma fa che sia lungo fin ala solare spera, et vedrai come sarà quanto il Sole veloce.

[Anti.] Io nol' vederia, perché né il Sole anchor veloce al senso pare10.

[Nico.] [C:39r] Hor questo era il dubio vostro. Odi quanto veloce sia il Sole, et poi perché così alla vista non paia, intende. L'ambito dela terra, come Hipparcho et Eratosthene provano, è più che trenta migliaia di miglia. Hor se alcuno circuisse la terra in 24 hore, che spatio farria per hora?

[Anti.] Più che mille et due cento miglia.

[Nico.] Adunca questo tale che moto farria?

[Anti.] Io credo più veloce assai che una saetta, o una citata pallotta da un schiopetto.

[Nico.] Hor quanto più veloce sarà il Sole, il quale, in tanto medesimo spatio, cioè in 24 hore, fa tanto più gran circuito, quanto il suo cielo è della terra maggiore?

[Anti.] Certo molto più veloce.

[Nico.] Sarrà mille volte più veloce, et più. Perché la minima distantia del Sole dal centro del mondo è maggior che millecupla al semidiametro dela terra, come Ptolemeo prova. Et però il minimo ambito che fa il Sole è maggior che millecuplo al'ambito dela terra, peroché, come Archimede mostra, le periferie sono proportionali ali diametri. Onde siegue chel Sole in un hora, secondo il moto diurno, facci più che un milione et duecento migliaia di miglia.

[Anti.] Così vuole il calculo.

[Nico.] Hor pensa tu quanto più rapido moto far deve il primo mobile.

[Anti.] Zerto l'humano intelletto ad imaginarlo non arriva. Ma come il Sole, veloce non pare?

[Nico.] Così come le cose più remote menori paiono; cossì più tarde [C:39v] mover si vedono, come nella perspectiva mostra Euclide. Adunca se il Sole essendo, secondo il verace Ptolomeo, molto maggior che la terra, tanto piccolo si mostra, che maraviglia se, tanto veloce essendo, sì lento caminare appare?

[Anti.] Certo questa è la raggione, perché parendo minore il spatio, pare più tardo il moto. Vedeti, dunque, voi gentilhuomini, soluta la vostra questione. Ma risponde hor tu, Nicomede, ad un altro dubio. Se una sì grande et operosa machina, con tanta velocità, senza riposo, rota sopra questo asse, come l'asse non vien mai meno? Io veggio che l'assi deli carri, delli vehicoli, degli molini, o voi ad acqua, o ad vento, et del'altre versatile machine talora11 spesso si rompono, piegano, et consumano.

[Nico.] Tu credi che l'asse del mondo sia corporeo, et materiale. Non è tale, anzi è lineare et imaginario. Né credere che, come sopra il suo asse una rota, così sopra l'asse del mondo, il cielo incumba. Anzi il cielo, nel suo loco naturalmente locato, circa un diametro gira, di modo che ogni ponto seco volta, eccepto quei che in tal diametro sono. Onde questo diametro, che retta linea è secondo la sua difinitione, asse del cielo si chiama. E questo medesimo intende d'ognun'12 altro asse nelli celesti moti.

[Anti.] Io t'ho inteso, torna al tuo processo.

[Nico.] Gli punti extremi del'asse [C:40r] si dicon poli da piomicronlambdaepsiloniotanu, verbo greco, che significa volgere. Da Virgilio, Manilio, et Macrobio sono chiamati vertici; et da Capella cardini. Il polo del mondo a noi manifesto arctico, o septentrionale, l'altro anctartico, o vero australe si chiama. L'equinoctiale, aduncha, è un cerchio maggiore, come dice Tebit13 sopra gli poli del mondo descritto; chiamase equinoctiale, perché aguaglia14 la notte al iorno. Onde dagli Greci, iotasigmaepsilonmuepsilonroiotanuomicronsigma, cioè equidiale, per la medesima causa è chiamato. Chiamasi anchora equatore, perché quando non solamente il Sole, ma qualsivoglia stella è in quello, fa, ad ogni luogo de la terra, la metà del suo parallelo sopra l'horizonte, et la metà di sotto. Onde il Sole tando per tutto il mondo fa equinoctio; et però Ptolemeo il chiama cerchio de l'equation del giorno. Et Alfragano15 cerchio de l'equinoctio, et anchor cingolo del primo moto, peroché cinge16 per mezo il primo mobile. Questa è la rota maggiore del primo moto, questo è il primo misuratore del tempo, et del moto. Mentre dà una volta, un iorno naturale passa. Mentre fa la vicesimaquarta parte de tutta la volta, passa un hora equale, o vero equinoctiale. Questo cerchio appartiene al primo moto, et perciò meritamente di lui prima si parla.

[Anti.] Qual, dunque, cerchio al [C:40v] secondo moto appartiene?

[Nico.] Il zodiaco, il quale è un cerchio magiore, che taglia et a vicenda è tagliato da l'equinoctiale in due semicirculi ad angulo acuto, ch'è di17 un retto la parte quarta et oltra una nonagesima. Onde la mità di quello declina dal'equinoctiale verso settentrione, et la metà verso [nell'18] austro, nello cui piano il Sole contro19 il moto primo camina.

[Anti.] Perché si chiama zodiaco?

[Nico.] Da zetaomegadeltaiotaomicronnu, che significa animale, o vero da zetaomegaepsilonsigma20, che vol dire vita. Perché l'accesso et recesso del sole nel zodiaco, come dice Aristotile, è causa dela generatione degli animali. O vero perché questo cerchio si distingue in XII parti equali, che segni si dicono, et hanno i nomi di alcuni animali, o per la dispositione dele fisse stelle che nel21 segno sono, o vero per qualche commune proprietà del segno, et l'animale. Onde Ptolemeo il chiama cerchio deli segni, et alcuni de nostri, come Plinio et Capella lo chiamano signifero, Aristotile obliquo cerchio, perchè obliquamente seca l'equinoctiale, come dice Proclo.

[Anti.] Sel zodiaco è cerchio, come l'equinoctiale et altri, perché nell'instrumento ampio si fa, che una fascia pare?

[Nico.] Io ti dico che zodiaco propriamente è lineare cerchio come gl'altri, et così l'intende Ptolemeo, così lo piglia Euclide nelli suoi Phenomeni. Vero è che molti chiamano [C:41r] il detto cerchio ecliptica, percioché, quando in quello si trova, la Luna nel plenilunio pate l'ecclipse, e nella congiuntione la22 fa patire al Sole. Da questa ecliptica pigliano sei gradi quinci et sei quindi verso gli suoi poli, et per tal termini menano due cerchi paralleli ad essa, et tutta la fascia, tra questi paralleli compresa, chiamano zodiaco.

[Anti.] A che fu necessaria questa larghezza?

[Nico.] Fu commoda a due cose. L'una accioché capesse23 le figure e24 nomi deli segni, come dice Macrobio. L'altra accioché inchiudesse la Luna et gl'altri pianeti, come vuole Manilio, i quali, et quinci et quindi, deviano dal'eccliptica, benché Marte, et Venere, per la grandezza degli epicicli, ponno excedere l'ampiezza del zodiaco.

[Anti.] Perché dunque non diedero tanta latitudine al zodiaco che Marte e Venere sempre inchiusi vi si trovassero?

[Nico.] Era bisogno pigliare dela ecliptica otto gradi per banda, che la latitudine dei detti due pianeti mai già pervene25 ad otto gradi. Così come il nostro Giovanne Regio Monte, facendo la Tavola delle declinationi, et quella dele rette ascensioni, si stese fin ad otto gradi di latitudine, accioché ad ogni pianeta servisse.

[Anti.] Come non foro cossì nel zodiaco?

[Nico.] Odi se vuoi prima26. Il zodiaco, secondo la longitudine, si seca <in27> XII parti equali, che sono i segni detti Ariete, Tauro, Gemini, Cancro, Leone, Virgine, Libra, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Aquario, et Pisce. Di questi gli sei primi sono nel semicircolo28 [C:41v] del zodiaco settentrionale et gli altri sei nel semicircolo australe. Il Sole camina per quelli da ponente ver livante, secondo l'ordine detto, cioè da Ariete a Tauro, da Tauro a Gemini, et così per l'altri. Ciascun di questi segni ha in longitudine gradi trenta. Onde tutto il zodiaco, come ancor ogn'altro cerchio o magiore o minore, fia diviso in gradi trecentosessanta. Hor come il zodiaco hebbe in longitudine XII segni, così fu decente29 che in latitudine havesse duodeci gradi, come dice Capella. Et così come un grado è la trentesima parte dela longitudine d'un segno, così fu congruo che la larghezza del zodiaco fosse la trentesima parte di tutta la longitudine di quello. Et anchorché Marte et Venere soleno eccedere la detta larghezza, tal'eccesso è sì puoco et accade sì raro, che non era bastevole causa chel zodiaco havesse tanta largheza. Ma, appartate queste raggioni, ovunque io farrò del zodiaco mentione, intende che sia cerchio lineare, et essa ecliptica.

[Anti.] Sta bene. Ma perché gli segni non fuoro né più né meno che duodeci?

[Nico.] A questa dimanda risponde Albumazar30, dicendo che gli primi speculatori dele stelle trovaro nell'ottava spera quarant'otto imagini, ciascuna di più stelle conpatta31, da diversi animali et cose denominate secondo la forma, o natural proprietà dele stelle, delle quali duodeci nella via del Sole accadero32, et perciò gli segni del zodiaco fuoro duodeci.

[Anti.] Dove imaginarsi deve la periferia di questo zodiaco?

[Nico.] Le periferie tanto dell'equinoctiale, quanto del zodiaco, et [C:42r] d'ogn'altro cerchio, o maggiore sia, o minore, si denno imaginar nel concavo del primo mobile.

[Anti.] Adunca, et ivi imaginar si denno i segni.

[Nico.] Ivi.

[Anti.] Or s'io dunque dimandava dei segni del primo mobile, perché saltasti ali segni del stellato cielo, i quali fanno moto, et sarà tempo nel quale le stelle che constituiscono l'Ariete del'ottava spera saranno tutte nel Tauro del primo mobile?

[Nico.] Tutto che cossì sia come tu dici, il numero pure duodenario deli segni del zodiaco del primo mobile ha origine dal numero de le stellate figure, che nell'octavo cielo, circa la via del Sole, si trovaro.

[Anti.] Queste figure del'8o cielo hariano stato XI, se non havessero fatto di Scorpione due segni, cioè Libra, et esso Scorpione. Ma Iginio, et Arato appena quasi fanno mentione de Libra.

[Nico.] Ne fa ben mentione Manilio. Et Ovidio, Iginio, et Capella dicono che Scorpione è sì membruto, che piglia di due segni spatio. Fu dunque ben fatto d'un segno farsi due, come negli Asterismi di Ptolemeo, et Alfonso scritto si trova. Ma circa il numero de i segni, un altra raggione aduce Albumazar. Et è questa: gli elementi, d'onde generanno tutte le cose elementare, son quattro, cioè terra, acqua, aere, foco. Et ogn'un di quelli ha tre termini principali, cioè principio, mezo, et fine; et ogni cosa elementata ha generatione, conservatione, et corruptione. Ma il numero quaternario, incanto33 nel ternario, fa 12. Dunque, tanti deveano essere li segni [C:42v] accioché sopra ogn'un del'elementi donassero34 tre segni.

[Anti.] Hor questa raggione phisica più conviene al zodiaco del primo mobile.

[Nico.] Et se cava un altra dal moto degli luminarij, perché un segno raggionevolmente dovea tenere tanto spatio, quanto caminarono.35 Ma il Sole, nel detto intervallo, camina quasi la duodecima parte del zodiaco, adunca convenne che un segno fusse del cerchio parte duodecima, et perciò li segni tutti duodeci fussero. Et par che la natura havesse il moto dei luminari36 a distinguere in tal guisa li spatij dei segni. Onde la Luna con li novilunij, distingue i mesi, con li plenilunij parte quelli per mità, con le quadrature in quarte, quasi per distinguere le simane.

[Anti.] Questa è convenientissima ragione. Perché da qual moto pigliar si deve la distintione del zodiaco, se non dal corso degli luminari del dì e dela notte?

[Nico.] Ancora, perché il corso del Sole per lo zodiaco causa i quattro tempi de l'anno che agli quattro elementi rispondono, cioè primavera calida et humida come l'aere, estate calida et secca come il fuoco, autunno freddo et secco come la terra, verno freddo et humido come l'acqua, però fu congruo chel numero dei segni fosse tale che si potesse partire in quattro parti, accioché quattro quadranti a quattro tempi rispondessero. Et perché ciascun de quattro parti in tre sectioni se distingue, cioè cremento, stato37, et diminutione, [C:43r] però fu necessario che la quarta parte del numero dei segni si potesse partire in tre. Ma il numero minimo di cui la quarta parte habia terzo, come dal 7o degli Elementi d'Euclide e dal38 terzo del'Arithmetica di Iordano si cava, è il duodenario, perché si genera dala mentione deli denominatori delle parti, cioè da tre via quattro39. Adunca fu convenientissimo che duodenario fusse il numero degli segni.

[Anti.] A questa ragione niente si può contradire, et io credo che la ragione dela divisione de l'anno et del duodenario numero dei mesi tutta quinci pende.

[Nico.] Altronde. Et aggiongo chel40 numero duodenario ha questa dignità, ch'è il primo c'habbia le tre prime submultiplicij parti, cioè mità, terzo, e quarto.

[Anti.] A che fu bisogno havere coteste parti?

[Nico.] Fu utile a due cose: primo ala distintione antedetta dei quattro tempi del'anno, et poi ala divisione degli aspetti, et radiationi, ch'hanno tra loro i segni; accioché la mità del cerchio la diametrale, il terzo la trigona, il quarto la tetragona, il sexto la hezagona radiatione41 ci determinasse.

[Anti.] Veramente questo duodenario numero viene a tante cose commodo, che altro il numero dei segni esser non potea. Ma perché il segno fu diviso in trenta gradi, et tutto il cerchio in trecentosessanta? Io credo che qui altre raggioni s'assegnano.

[Nico.] Il cerchio principalmente si deve secare in [C:43v] quel modo, il quale più pronto, et più facile la natura c'insegna. Quando noi descrivemo il cerchio, fermamo in un punto l'un piè del compasso, et l'altro giramo. La periferia, dal piè girato descritta, con quel medesimo spatio del compasso, sei volte mesurata in sei archi a punto divisa risponde. Perché dela figura di sei lati equali nel cerchio descritta, il lato è al semidiametro di tal cerchio equale, come42 nella decimaquinta del quarto del'Elementi appare. Adunca questa è la più degna et natural divisione, che si può nel cerchio fare. Perciò Alfonso, nelle sue Tavole, divise ogni cerchio in sei parti, le quali gli espositori del calculo chiamano segni phisici, cioè naturale; i quali, ad uno ad uno per mezzo divisi, fanno i duodeci segni anteditti, che communi si chiamano. Onde Manilio dice che la corda di due segni comuni fa quanto è il semidiametro del mondo. Hor un segno naturale fu diviso in sessanta parti, che si dicon gradi, un grado in sessanta minuti primi, un minuto primo in 60 minuti secondi, et così più oltra. Questo numero sexagenario in questa sectione fu eletto come più commodo, perché ha43 tutte le quote parti da tutti numeri, da due insino a sei denominate, che sono mità, terzo, quarto, quinto, e sexto.

[Anti.]44 Et se havria potuto trovare un altro numero, che ancor più parte havesse, come settimo et octavo.

[Nico.] Tal numero [C:44r] havria stato troppo grande, et fastidioso, et però non passaro oltra il senario. Et anchor questo sexagenario ha cognatione45 con esso senario, che è il primo numero perfetto, come sai, et il primo divisore del cerchio. Perché il senario decuplato fa sessanta.

[Anti.] Son buone raggioni. Pure io non resto per quelle satisfatto, senza qualche altra più efficace.

[Nico.] Firmico46 disse che però ogn'un dei dodeci segni fu diviso in trenta gradi, perché un grado è tanto spatio, quanto di tutto il circuito piglia il corpo del Sole o de la Luna, et Dio volesse che così fusse, che fora ottima raggione. Ma il corpo deli qual vuoi luminari di tutto il cerchio tene quasi mezo grado, perché tanto pare ala vista nostra il suo diametro, secondo l'osservatione di Ptolemeo, Albategnio et altro. Onde se Firmico havesse detto che un grado fa tanto spatio, quanto de tutto47 il circuito pigliano il Sole con la Luna insieme, starria bene la raggione.

[Anti.] Io pensava che tu volessi cavare qualche raggione dal moto più tosto che dai corpi de' luminari, come festi dianzi nel numero dei segni.

[Nico.] Hor questa già io stava per dirti senza il tuo ricordo. Il segno comune però in trenta gradi fu diviso, perché il Sole in tanti medesimi iorni quello trascorre col proprio moto, ché ogni giorno quasi un grado camina.

[Anti.] Questa sola raggione bastava. Perché qual'altro48 spatio dovea darsi [C:44v] ad un grado, se non quanto in un giorno l'unica lampa del mondo camina?

[Nico.] Zerto non altro. Perché in tal modo come all'anno tutto il giro, et ad ogni mese un segno, così ad ogni iorno un grado dell'apollineo camino risponde. Onde da tal divisione segue, chel phisico segno, il quale al comune è doppio, in sessanta gradi diviso venga, et chel grado similmente, la natura seguendo, per questo sexagenario numero successivamente diviso vada.

[Anti.] Questo vole il debito, perché chi variasse il dominatore dela divisione aggiongeria fastidio. Ma tu hai parlato assai del numero et divisione dei segni. Io vorria la raggione del principio di quelli intendere. Perché, essendo il zodiaco cerchio senza principio et fine, io non so qual causa chiede che da un luogo più che da un'altro principio haver dovesse.

[Nico.] Pigliarono principio d'Ariete, segno del verno equinotio, nel quale, intrando il Sole, comincia l'humida stagione, conforme ala prima età degli animanti, nella quale l'humidità signoreggia. Onde poi, quando il Sole intra in Cancro, segue l'estate calida, come l'età seguente degl'animali fin al perfetto calore. Appresso, quando il Sole intra in Libra, viene l'autunno secco, che risponde al'età tertia, nella quale il calore a declinar comincia et vince la siccità. Ultimo, quando il Sole intra <in49> Capricorno, resta il freddo verno, simile al freddo, et finale tempo della vita. [C:45r] E questa è la raggione di Ptolemeo.

[Anti.] Io, se ben mi ricordo, ho inteso da voi che, quando il Sole intra in Libra, i nostri contr'habitanti hanno primavera et verno equinoctio. Addunca, secondo la raggione che Ptolemeo assigna, come noi d'Ariete cossì da Libra quelli cominciar dovranno.

[Nico.] Hor questa è una forte obiectione, ala quale altro non si può rispondere se non che la raggion di Ptolemeo ha rispetto ala nostra habitatione, come più degna, perché da man destra, come l'altro iorno ti dissi, sta al Sole nascente.

[Anti.] Io men ricordo.

[Nico.] Ma odi un altra raggione che non dispiace. Come dicono gli Hebrei, et alcuni dei nostri theologi, quando il mondo fu creato, il Sole era nel principio d'Ariete, perché fu a noi primavera. Onde gl'Hebrei tando cominciano l'anno, et celebrano la Pascha, come Dio a Moysè comandato haver si lege. Et gli astronomi, a l'intrata del Sole in Ariete, terminano le revolutioni degl'anni del mondo. Adunca conviene che indi ancora se dia principio al zodiaco.

[Anti.] Meritamente.

[Nico.] Questo medesimo per un altra raggione si comproba. Il zodiaco ha quattro punti principali, nelli quali in quattro quadranti50 si distingue. Due di quelli si chiamano equinoctiali, dove cioè esso zodiaco con l'equinoctiale si sega, et sono i principij d'Ariete e Libra. L'altre due punti si chiamano solsticiali, quelli cioè che da l'equinoctiale sono lontanissimi, [C:45v] et principij di Cancro et Capricorno. Non è dunque dubio che l'initio del Zodiaco debia esser uno di questi quattro punti notabili et cardinali.

[Anti.] Bisognerà eligere di quelli il più degno.

[Nico.] Certo il più degno non sarà né l'uno né l'altro degli solstitiali, perché ivi il Sole fa brevissimi paralleli et grandissima inequalità di giorno et nocte.

[Anti.] Resta dunque che sia uno deli equinoctiali.

[Nico.] Così conviene. Perché ivi il Sole equalmente dista dagli poli, descrive il parallelo grandissimo, fa equinottio, et temperamento per tutto. Ma degli due punti equinoctiali qual se preponerà, se non quello che principio è del semicirculo settentrionale del zodiaco?

[Anti.] Meritamente. Perché la settentrionale parte del mondo è la più degna, come tu hai detto.

[Nico.] Ecco che l'argumento cade a conchiuder quel che volevamo, cioè che Ariete sia exordio et capo de duodeci segni.

[Anti.] Come dunque i nostri non cominciaro l'anno dal'entrata del Sole in Ariete? Certo dovea l'anno, insieme col corso del Sole, cominciare.

[Nico.] Parve a loro meglio cominciar l'anno dal brumal solstitio, ch'è51 fine del descendente et principio de l'ascendente semicircolo del Zodiaco, fine del recesso et principio dell'accesso del Sole, fine del decremento et principio del cremento delli giorni. Onde et congruo è [C:42*r] ivi fine del vecchio et principio del nuovo anno farsi. Et cossì risponde Giano ad Ovidio, sopra questo medesimo dubio, nel Libro degli Fasti: La bruma, disse, è prima del nuovo et postrema del vecchio Sole Phebo et l'anno un medesimo principio pigliano. Bruma novi52 prima est, veterisque53 novissima Solis Principium capiunt Phebus, et annus idem. Onde Dio, nel vergine ventre incarnato, nel detto solstitio nacque per illuminare l'antique tenebre.

[Anti.] Ma io credo che poco importi d'onde l'anno si cominci.

[Nico.] Puoco certo. Purché al solar corso adequato sia.

[Anti.] Hor tornamo ala medesima54 lasciata.

[Nico.] Havemo detto come per raggione conviene Ariete esser principio deli segni. Resta la causa de l'ordine mostrare. Tu havresti chel numero deli segni dal numero degli elementi pende. Et però bisogna che i segni, secondo le complessioni degli elementi, equalmente compartuti vengano, e cossì ad ogni elemento tre segni corrispondono. Onde diviso il numero dei segni in tre quaternarij; d'ogn'un quaternario ciascun segno al suo elemento s'appropria. Come per essempio del primo quaternario Ariete del foco, Tauro dela terra, Gemini del'aria, Cancro dell'acqua, la natura sortisce.

[Anti.] Con simile ordine dunque vanno gl'altri due quaternarij.

[Nico.] Con simile.

[Anti.] Come non siequono l'ordine del sito degli elementi?

[Nico.] Dice Albumazar che le prime qualità son quattro: calidità [C:42*v] frigidità, siccità, humidità; dele quali due sono agenti, cioè calidità et frigidità, et due patienti, cioè siccità et humidità. Onde conviene che dagl'agenti, come più degni, principio si pigli. Ma perché dele agenti l'una, cioè il calore, è causa di generatione, et l'altra, cioè il freddo, è causa di corruptione; et le cose primo si generano, e poi si corrumpono, però attribuero il primo segno del quaternario, cioè Ariete, al foco che calido, et l'altro, cioè Cancro, a l'acqua che fredda. Poi d'Ariete diedero Tauro a la terra che secca; perché delle qualità passive la siccità conviene al foco; et innante Cancro fecero Gemini de l'aria, che humida; perché delle qualità passive l'humidità dell'acqua si contrahe.

[Anti.] Adunca questa medesima ragione serve agl'altri due quaternarij.

[Nico.] Certo non altra. Ma io ti dirrò su55 questo alcun'altra cosa.

[Anti.] Io t'ascolterò.

[Nico.] Si deve, nell'ordine dei segni, havere ala dignità degl'elementi risguardo. Degli elementi il più degno è il fuoco, perché tiene luogo nella circonferentia, è attivo, et principio d'ogni generatione. D'onde non è dubio chel primo segno deve dal foco imitar la natura. Il secondo tra gl'elementi in degnità mi par che sia la terra, che in un altro principal luogo giace, cioè nel centro, et è come una base et posamento, et degli altri elementi, et di tutte cose generabili. Et però meritamente il seguente segno ha [C:43*r] dala terra la complessione. Degl'altri due elementi, quel56 tiene il terzo grado, che è più vicino al fuoco, cioè l'aria, et però aereo fu il terzo segno. Resta l'altro luogo per l'acqua, et però acquatico fu il quarto. Fu dunque conveniente che, nell'ordine dei segni, s'havesse il primo risguardo a questo ioviale etherio, supremo et nobilissimo elemento, patre dela generatione, et refettore dele cose generate. Il secondo alla omnifera57 terra, turrigera Cybele, productrice deli deli minerali58 et piante, matre degl'animali, et centro del mondo. Il terzo al'aria, che fu per riparare, et temperatamente transmittere l'igneo calore. Fatto l'ultimo a l'acqua, che ad humettare l'arida terra fu soprainfusa.

[Anti.] Ben procede il tuo argumentare. Ma io non vorria che tu più ti largasse in questa materia59, che più tosto ad phisico, che ad astronomo appartiene.

[Nico.] Conchiudo adunca che li duodeci segni in quattro triadi si distinguono, deli quali ciascuna tre segni ad uno elemento appropriati contiene. La prima Ariete, Leone et Sagittario al foco; la seconda Tauro, Vergine, et Capricorno ala terra; la terza Gemini, Libra et Aquario al'aria; la postrema Cancro, Scorpione, et Pisci a l'acqua.

[Anti.] Adunca ogni tre segni d'una medesima natura per triangula radiatione l'un l'altro se guardano.

[Nico.] Così è. Ma delle radiationi, dele case, exaltationi, gaudij, et termini et altre proprietà de i segni, et dei pianeti copiosamente parlano Ptolemeo, et Alcabicio, et [C:43*v] loro expositori. Io torno al processo cominciato, et dico che, havendo detto del zodiaco, et equinoctiale, due principal cerchi, è bisogno dire degli due coluri, che son due cerchi magiori, che vanno per gli poli del mondo. Ma l'uno per gli poli ancor del zodiaco, l'altro per le sectioni del zodiaco et equinoctiale passa. Quel, che va per li poli del equinoctiale et del zodiaco, parte gli semicircoli, così dell'equinoctiale come del zodiaco, in due quadranti, come per la duodecima del secondo degli Sperici Elementi si prova. Et però passa per li solstitiali punti del zodiaco, che sono i principij di Cancro et Capricorno, et dalo equinoctiale lontanissimi; et però solstitial coluro si chiama. Quel, che va per gli poli de l'equinoctiale et per le communi sectioni del zodiaco et equinoctiale60, passa per li principij d'Ariete et Libra, che sono i punti dele dette settioni, detti equinoctiali puncti, et però equinoctial coluro si può nomenare.

[Anti.] Questi due cerchi, dunque, distinguono sì l'equinoctiale come il zodiaco in quattro quadranti, et per gli quattro cardinal punti di quelli vanno.

[Nico.] Tu l'hai compreso, perché l'ufficio loro par che sia distinguere gli solstitij et equinoctij.

[Anti.] Anzi questi coluri sono necessarij, perché nel sperale instrumento, sopra costoro stanno i paralleli, per loro croci61 passa l'asse, di modo che tutta la fabrica sopra loro compaginata iace.

[Nico.] Tu dici il vero.

[Anti.] Hor di questi [C:44*r] quattro cardinal puncti del zodiaco, io so che gl'equinoctiali però si dicono, che in quelli il Sole fa per tutto equinoctio, o vero perché nell'equinoctiale sono. Ma perché l'altri due solstitial sono chiamati, non intendo. Certo io non credo che il Sole in alcun luogo stia fermo.

[Nico.] Il Sole, da qual voi equinoctial punto col proprio moto caminando, sempre dal' equinoctial cerchio s'allontana fin al punto che termina le quarte del zodiaco, che è il principio di Cancro, o Capricorno, nel qual punto il Sole fia dal'equinoctiale lontanissimo, et al polo del mondo vicinissimo. Indi il Sole comincia al'equinoctiale accostare fin62 al'altro equinoctial ponto. Quei punti dunque, cioè i principij di Cancro et Capricorno, che son fini del recesso, et principij del'accesso del Sole all'equinoctiali, solstitij si chiamano, non perché il Sole qui stia fermo; ma perché dal detto allontanar ivi si resti et al tornar cominci. Overo solstitij si chiamano, perché, circa quei punti, il Sole sì poco s'appressa et allontana dal'equinoctiale, che par quasi stare per quattro, o sei giorni.

[Anti.] Chiaro procede il tuo63 sermone. Et fuora bono, per non interrompere poi l'ordine, perché i coluri così detti sian, dichiarare.

[Nico.] Questi cerchi si potean chiamare verticali, perché <per64> gli vertici del mondo vanno, o vero cardinali, perché del zodiaco i quattro cardini demonstrano. Ma perché di questi cerchi le parti all'occulto polo vicine, quelle [C:44*v] cioè che tral massimo parallelo dell'occulti sono inchiuse, mai si vedono, però coluri, cioè mutili, et tronchi, chiamar si soleno, come Proclo Diadocho, Macrobio et Capella ci insegnano. Perché, nele grece etimologie, kappaomicronlambdaomicronupsilonroiotaalpha si chiamano taualpha kappaomicronlambdaalphabetaalphasigma upsilonroalphasigma epsilonchiomicronnutaualpha, cioè quelle cose che troncata hanno la coda. Ma questa tal passione65 di questi cerchi nel retto horizonte non ha luogo. Perché ivi non è parte del cielo alcuna, che sempre occulta stia.

[Anti.] Horsù vengamo agl'altri cerchi, se circa li coluri altro non resta.

[Nico.] L'ordine vuole ch'io dica degli 4 minor cerchi equidistanti al'equinoctiale, et prima degli tropici, li quali son due cerchi minori, che, sopra i poli del mondo descritti, per gli solstitiali punti passano. Onde sì l'uno et l'altro tropico et il zodiaco, nel punto solstitial, tagliano il solstitial coluro. Et perché il detto coluro va per gli poli del tropico et del zodiaco; però, per la quarta del secondo degli Sperici Elementi, segue che sì l'uno come l'altro tropico, nel solstitial punto, continge il zodiaco. Et chiamarse grecamente tauroomicronpiiotakappaomicroniota, cioè conversivi; perché il Sole insino a quelli dal'equinoctiale s'allontana, et subito a quello si converte, come un puoco innanzi udisti. Questi dunque contingono il zodiaco nelli principij di Cancro et Capricorno; et però quello tropico di Cancro, questo tropico di Capricorno si chiama; quello septentrionale, questo australe; quello estivo, questo brumale. Due altri minor cerchi, sopra i poli del mondo parimente66 descritti, per li poli del zodiaco passano; [C:45*r] delli quali quel67 che al'artico polo vicino gira, arctico cerchio si chiama, et anctartico l'opposito. Et per raccoglier ogni cosa in breve, dico che come qual68 voi degl'equinoctial punti, in una volta del moto primo, descrive l'equinoctial cerchio; così gli due solstitial69 punti gli tropici paralleli, et gli poli del zodiaco l'arctico et antarctico cerchio designano.

[Anti.] Ma come non hai tu fatto mentione dele cinque zone del cielo, tante volte dagli poeti decantati?

[Nico.] Le cinque zone per li detti paralleli distinte sono. Bisognava delli paralleli prima, et poscia dele zone, tractare.

[Anti.] Questo, adunca, è il luogo, già degli paralleli hai detto a pieno.

[Nico.] Le zone, come sanno tutti, son cinque, [l'equinoctiali70] <che71> altramente plage, o ver fascie, si chiamano, nelle quali si distingue tutta la concava faccia del primo mobile. Quella fascia del cielo, che tra due tropici giace, è delle zone la media, et torrida si chiama, perché per la continua presentia del Sole è ardente.

Quelle due portioni del cielo circa i poli del mondo, dal'arctico et anctarctico cerchi circoscripte, son le due zone, per la lontanezza del Sole freddissime, che impropriamente zone si chiamano, perché sono piutosto sperice portioni che fascie. L'altre due fascie, che del cielo restano, l'una tral tropico de Cancro et l'arctico cerchio, et l'altra tral tropico de Capricorno et l'anctarctico parallelo, sono le due zone temperate, peroché sì l'una come l'altra di queste, tra la torrida et fredda zona giace. [C:45*v] Hor non altramente fia distinta la terra, perché, sotto ciascuno dei celesti paralleli preditti, un cerchio di quel medesimo nome in terra imaginato sogiace. Et cossì, sotto le cinque dette celesti zone, cinque plage di quella medesima complexione, a piombo sottoposte, in terra se destinguono. Delli quali la media, perché ha di continuo il Sole perpendiculare è sì calda ch'è inhabitabile. L'estreme, perché hanno il Sole dali vertici lontanissimo, per la gran freddura, ghiaza, et neve, manco habitar si ponno. Le due mezane che tra queste restano, perché tra la calda et le fredde giaceno, sono temperate, et habitabili, et tale è questa nella quale noi habitamo. Questa è l'opinione comune quanto alle cinque zone. L'autore dela partitione72 de le zone fu Parmenide, come dice Possidonio. Et questo per testimonio di Strabone. Così scrivono Platone, Aristotile, Pithagora, Proclo, Homero, et dei nostri Virgilio, Ovidio, Macrobio, et Capella et altri.

[Anti.] Pensi tu che la torrida zona et le due fridde inhabitabili siano, come questi dicono?

[Nico.] Ptolemeo et Avicenna affermano haver visto homini che habitavano tra l'equinoctiale et l'estivo tropico, et esservi molte città, et però certo tengono la torrida zona essere habitata, nonché habitabile. Così tene Alberto Magno. Benché dica l'habitatione sotto i tropici esser calidissima, però che il Sole circa le vertici di tale habitatione fa gran dimora, perché, [C:46r] come sopra fu detto, il Sole, circa gli solstitial punti, per quattro, o sei, o più iorni, a pena se vede accostare, o discostare, al'equinoctiale.

[Anti.] Che bisogna qui adducere autorità o raggioni? Vedemo i Portuesi, che ogni iorno vanno e vengono da Calicur, cità maritima del'India tra l'equinoctiale el tropico de Cancro posta, et, con longissime navigazioni73, trapassano per mezo la torrida zona oltre l'altro tropico. Et per non cercar troppo lontano testimonio, havemo [con74] Nicola Ferrera nostro Messinese, arciprefetto75 castellano del nostro Castello Mattagrifone76 che da Constantinopoli andò77, per terra in Calicur et indi mandato per ambasciatore al re di Portogallo, per longa navigazione, in Lisbona pervenne, et indi tornò in Calicur et al'ultimo la terza volta, per quei medesimi mari navigando, a noi fe' ritorno.

[Nico.] Et gli Ethiopi donde a noi ogni iorno vengono, se non dala torrida zona?

[Anti.] Certo non altronde, che la nigrezza di quelli manifesta l'excessivo caldo del paese.

[Nico.] Onde gli Arabi, alquanto da quella zona discosti <hanno minore scurezza, e minore gli Afri più discosti. Divengono78> più bianchi gli Spagnoli, più li Francesi, più gl'Alemani, perché si vanno sempre più ala fredda zona accostando.

[Anti.] Dunque questa nostra zona temperata non è tutta d'una qualità.

[Nico.] Per più modo. Anzi le parti di quella al tropico vicine son caldissime, et freddissime quelle che al'arctico cerchio son colla[C:46v]terali; et questo medesimo intende de l'altra zona temperata.

[Anti.] Senza dubio alcuno dunque consta, che queste tre zone, cioè la torrida con le due a sè contigue temperate, sono habitate. Hor dì me che senti tu de l'altre due fredde.

[Nico.] Benché commune opinione sia che quelle due portioni di terra, sotto i poli dal'arctico et anctartico cerchio conchiuse, intere inhabitabili per lo freddo siano, et anchor che Ptolemeo niente più oltra de li Isola Tile ponga, ch'è tre gradi fuor de l'arctico, niente di meno si hanno trovato habitationi per cinque quasi gradi, et più sopra l'arctico cerchio. Ma più oltra siegue tanta fredura, per la debilità deli bassi raggi del Sole, tanta neve, che, come Macrobio scrive, l'acque sempre quasi congelati stanno, le piante non ponno germinare, né vivere gli animali. Onde, come Alberto Magno con più raggioni conchiude, non è dubbio che circa l'asse del mondo gran parte di terra inhabitabile sia. Averroe dice che i luoghi sotto l'equinoctiale con difficultà si ponno habitare, et sotto caverne et spelonche, et così le parti settentrionali per lo freddo.

[Anti.] Perché la bassezza del Sole causa tanto freddo?

[Nico.] I raggi del Sole fanno due cose: illustrano et scalfano; et quanto più obliqui ad un piano caggiono, tanto men l'uno et l'altro fanno, perché per la più obliquità più si spargono, et però più debili [C:47r] a l'una et a l'altra operatione divengono; ma di questo, nelli miei Photismi, ho raggionato a pieno.

[Anti.] Ma quanto nei luoghi septentrionali la basseza debilita li raggi, tanto li dovria inforzare la gran dimora sopra terra.

[Nico.] Che può fare la dimora, sel raggio per la detta causa è debile? Certo puoco o niente. Più scalfa il forte raggio con piccola dimora, che il debile con quanta voi dimora.

[Anti.] Ma l'accesso et recesso del Sole, nello eccentrico al centro del mondo, non vuoi tu che intenda et79 remitta il calore?

[Nico.] Alquanto. Ma non, come dicono alcuni, li quali affermano, che quando il Sole è in Capricorno, dove hor se trova il punto del deferente vicinissimo al mondo, per l'accesso suo aggemina tanto il calore a i luoghi oltre l'equinoctiale, che tando hanno l'estate. Et per contrario, quando è in Cancro, dove è80 il ponto lontanissimo, per la remotione accumula tanto freddo ai detti luoghi, che tando hanno il verno; che habitabili non sonno. La qual opinione tutta è mendace, come per experienza si vede. L'accesso et recesso del Sole è sì poco, che non può far ciò che questi dicono. Ancora questi punti, l'uno vicinissimo et l'altro lontanissimo <dal centro81> del mondo, sono mobili secondo il moto dell'ottavo82 cielo. Et però quel che hor accade a quelli oltre l'equinoctiale, accaderà col tempo a noi; et cossì le regione83 nostre tando saranno inhabitabili, il che è tanto più ridicolo.

[Anti.] Hor seguitamo quel che resta.[C:47v]

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