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Dialoghi tre della cosmographia
  Introduzione
Edizione   Livello 0
Libro 1
Parte 1 2 3 4
Libro 2
Parte 1 2 3 4
Libro 3
Parte 1 2 3 4 5

Opere
Introduzione
1. Euclides
2. Sphaerica et parva astronomia
3. Arithmetica et algebra
4. Archimedes
5. Conica
6. Musica
7. Optica
8. Cosmographia et astronomica quaedam
9. Mechanicae artes
10. Epistulae

Instrumenta Maurolyciana
Introduzione
1. Catalogi
2. Bibliographica
3. Biographica
4. Iconographica
   
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Dialoghi tre della cosmographia

2 ott. 2002


A cura di
Giovanni Cioffarelli


Introduzione

1  Presentazione dell'opera

Dei dialoghi della Cosmographia possediamo due redazioni: la prima, in latino, edita a Venezia nel 1543, preceduta dall'epistola dedicatoria al Bembo del 24 gennaio 1540 e seguita da un'appendice di tavole astronomiche datate 5 dicembre 1542; la seconda, in volgare, tramandata dal manoscritto settecentesco conservato presso la Biblioteca dell'Università di Catania, 521. Tra i due testi le differenze si riducono all'assenza nella versione italiana -- oltre che dell'epistola dedicatoria e delle tavole di appendice -- di numerose citazioni e di alcune argomentazioni scientifiche presenti in quella latina, tra cui il metodo per misurare la circonferenza terrestre, che costituisce un originale contributo del Maurolico al problema. In altri punti, invece, è il testo latino a risultare più breve di quello italiano, ma le pericopi mancanti non sono mai di carattere argomentativo. Nel manoscritto italiano sono inoltre presenti soltanto quattro figure, che ricorrono tutte nel primo dialogo, ai ff. 4r, 7v, 26v (con didascalia) e 27r, pressoché identiche a quelle corrispondenti nell'edizione veneziana del '43, che, a sua volta, ne presenta 12 nel primo dialogo, 16 nel secondo e 29 nel terzo. Nel testo a stampa, infine, il testo è corredato da marginalia con la funzione di suddividere gli argomenti trattati e di evidenziare le citazioni.

L'opera si articola in tre dialoghi, il secondo dei quali appare a sua volta distinto in due parti. Protagonisti ne sono il maestro Nicomede e l'allievo Antimaco. L'argomento è riassunto dall'autore stesso nell'epistola prefatoria a Pietro Bembo: nel primo dialogo si tratta ``de forma, situ numeroque tam coelorum quam elementorum'', confutando le diverse teorie precedenti in proposito; nel secondo si discute prima ``de circulis primi mobilis eorumque officiis agitur'' e ``de zodiaci divisione, de zonis, plagis ventisque'', poi ``de longitudinibus ac latitudinibus tam stellarum quam locorum terrae, de declinationibus, de ascensionibus, de dierum noctiumque magnitudinibus crementis decrementisque'' per finire con l'esposizione ``de climatum distinctione''; nel terzo dialogo si affrontano infine i moti dei pianeti sulla scorta dell'Almagesto di Tolomeo.

In modo ancora più succinto la materia della Cosmographia è riepilogata dall'autore nella lettera a Juan de Vega dell'8 agosto del 1556:

in eorum dialogorum primo discutiuntur astronomica elementa; in prima secundi parte circuli diffiniuntur, in reliqua vero arcus; in tertio dialogo secundarii motus tractantur et observationum omnium rudimenta, ad magnam constructionem viam facilem sternentia.

La centralità della riflessione cosmografica all'interno del pensiero mauroliciano e la coscienza dei contributi originali apportati è attestata, tra l'altro, dall'esplicita citazione dell'opera nel De sphaera, in cui peraltro Maurolico torna a trattare del moto dei pianeti e del numero e della sequenza delle sfere celesti:

Venerem autem Mercurio superiorem esse, nos in Cosmographiae nostrae dialogis pulcherrimis coniecturis et argumentis demonstravimus.

Gli argomenti trattati nel terzo libro sono invece ripresi nel compendio tolemaico, di cui ci resta una redazione del 1567 (Vd. vol. 6. Astronomia), ma che doveva essere già stato composto nel 1543 se è ricordato nell'Index lucubrationum premesso all'edizione dei dialoghi de cosmographia.

Infine le tavole astronomiche, poste in appendice all'edizione veneziana, sono conservate anche, in forma autografa, nel Par. Lat. 7472A: per il loro contenuto le pubblichiamo nel sesto volume di questa edizione.

2  Tradizione e novità

Nel complesso la Cosmographia si presenta come un'opera originale sia nella struttura dialogica, non priva di digressioni e di eleganza letteraria, sia nei contenuti. Se infatti le fonti direttamente e indirettamente utilizzate nei dialoghi sono disparate -- dall'Almagesto di Tolomeo, alla Sfera del Sacrobosco, con cui il Maurolico polemizza senza mai nominarlo, e al De expetendis et fugiendis rebus di Giorgio Valla, talora ripreso ad verbum -- esse sono rielaborate in modo personale dal Maurolico, che in particolare, su più di un argomento propone soluzioni nuove, come nel caso della dimostrazione della posizione reciproca tra Venere e Mercurio e del metodo per misurare la circonferenza celeste, assai apprezzato da studiosi successivi del calibro di Belli, Barozzi e Clavio.

Nella già citata lettera a Juan de Vega dell'agosto 1556, tuttavia, il Maurolico mostra di considerare l'opera non come un vero e proprio trattato, ma piuttosto come un'esercitazione tesa a riesaminare complessivamente la materia astronomica, che a rigore andrebbe presentata per proposizioni:

nam dialogi de forma, numero situque elementorum et caelorum, quos appellare libuit Cosmographiam et quos Petro Bembo dedicavi, fuere potius exercitium quoddam et repastinatio quam ordinatum ac propositionibus distinctum opus.

A fare della Cosmographia un testo particolarmente interessante contribuiscono anche i numerosi testi citati, anche se solo in parte se ne può presupporre una conoscenza diretta da parte dell'autore: oltre alle consuete fonti matematiche, troviamo infatti menzionate opere di astronomia, di astrologia e di filosofia della natura (il Timeo di Platone, il De coelo et mundo, il De generatione et corruptione, i Phisica, il De mundo, i Problemata e i Metereologica di Aristotele, il De placitis philosophorum dello pseudo Plutarco, il De Platonis definitionibus di Speusippo, il De canonis di Avicenna, i commentari al De coelo e ai Metheora di Averroè), la Bibbia, i padri della chiesa e, in generale, numerosi scrittori cristiani (l'Hexameron di Basilio, il De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno, le Divinae institutiones di Lattanzio, l'Hexameron di Ambrogio, il De civitate Dei e il De genesi ad litteram di Agostino, le Praeparationes evangelicae di Eusebio, la Glossa ordinaria di Vilifredo Strabone, il De natura rerum, il De temporum ratione e l'Hexameron di Beda, la Summa theologiae di Tommaso d'Aquino, il De natura loci di Alberto Magno, il Conciliator differentiarum di Pietro d'Abano, le Sententiae di Pietro Lombardo e le annotazioni di Paul de Burgos al commento biblico di Nicola da Lira), nonché numerosi classici greci e latini (Omero, Erodoto, Callimaco, le Vitae e il De Iside et Osiride di Plutarco, Strabone, Dioscoride, Diodoro Siculo, la Suda, gli Annales di Ennio, Lucrezio, il De lingua Latina di Varrone, il Somnium Scipionis e il De natura deorum di Cicerone, Columella, le Georgiche e l'Eneide di Virgilio, le Metamorfosi e i Fasti di Ovidio, Lucano, Livio, Plinio il vecchio, Vitruvio, l'Apologia e il De mundo di Apuleio, Gellio, l'Itinerarium di Antonino Pio, Giovenale, Svetonio, Censorino, il Somnum Scipionis e i Saturnalia di Macrobio, Marziano Capella, Palladio, Giulio Polluce, la vita di Adriano di Elio Spartiano, Festo, Nonio, Servio, i Collectanea di Solino), e non pochi autori medievali e contemporanei (Dante, Ambrogio Leone da Nola, Erasmo da Rotterdam, Guillaume Budé). Tra le opere scientifiche vengono ricordati nel primo dialogo gli Elementa di Euclide, gli Anaphorici di Ipsicle, gli Sphaerica di Teodosio, i Conica di Apollonio2, i Cylindrica di Sereno3, il De circuli dimensione e il De isoperimetris figuris di Archimede e gli Sphaerica di Menelao. Nella prima sezione del secondo dialogo sono menzionati gli Arithmetica e la Geometria di Boezio, gli Arithmetica di Giordano Nemorario, gli Optica di Euclide, i Photismi e i Diaphana dello stesso Maurolico e il De momentis equalibus di Archimede. Nella seconda sezione del secondo dialogo sono invece citati l'Almagesto di Tolomeo e le epitomi di Puerbach e di Regiomontano, il Planetarium dello stesso Puerbach, la Sphaera di Proclo, la Sphaera e il Computus maior del Campano, i Phaenomena di Autolico e quelli di Euclide, i Rudimenta astronomica di Alfragano e ancora i Rudimenta e il De motu octavae sphaerae di Tebit4, l'``opus astronomicum'' di Albategno5, Alpetragio, la Geographia di Tolomeo (da cui il Messinese riprende un lungo passo), le Tavole di Alfonso, le Tabule directionum e la Tabula magna primi mobilis del Regiomontano, le Tabulae eclypsium di Puerbach ed ancora il Metereoscopio, le Disputationes contra Cremonensis deliramenta ed il Kalendarium di Regiomontano. Nel terzo dialogo vengono infine nominati il Planisphaerium di Tolomeo, quello di Messeallac, quello di Giordano ed il proprio. Erone e Proclo, di cui si ricorda il metodo per misurare il diametro visuale del sole, sono menzionati sulla scorta del Valla. Tra le opere di astronomia e di astrologia figurano anche il Quadripartitum e il Centiloquium di Tolomeo commentato dal Pontano e dallo Hali, il De motu circulari corporum coelestium di Cleomede, il commentario all'Almagesto di Teone, il Pymander di Ermete Trimegisto nelle traduzioni di Apuleio e di Marsilio Ficino, i Phaenomena di Arato e gli Aratea di Cicerone, gli Astronomica di Igino, e ancora Manilio, Firmico Materno, Albumazar, il libellus ysagogicus astrorum di Alcabitio commentato dal Saxoniensis e il De sole di Marsilio Ficino.

3  Contestualizzazione dell'opera

Come si è visto nell'introduzione al presente volume (§ 1.), dei dialoghi latini de cosmographia il Maurolico redasse una prima stesura tra l'agosto e l'ottobre del 1535 e quindi, dopo aver comunicato al Bembo la loro composizione e la sua intenzione di dedicarglieli6, li rimaneggiò, conglobando nel secondo dialogo la materia dapprima compresa nel terzo e riservando l'ultimo dialogo alla trattazione dei moti dei pianeti, originariamente affrontata -- di certo in forma più breve -- nel libro precedente7. Il 29 settembre del 1536 il Maurolico ne ultimò anche una traduzione italiana, che è poi quella tramandata dal manoscritto di Catania. Altre modificazioni dovettero intervenire infine dopo il 1536, in particolare dopo la lettura che ne fece il Bembo tra la metà di febbraio e la metà di aprile del 15408, mentre le tavole astronomiche furono aggiunte soltanto alla fine del 1542.

Una traccia del lavoro che precedette e accompagnò la redazione dell'opera è possibile trovare nelle note e nelle tavole conservate nel manoscritto del fondo San Pantaleo 115/32, ff. 49r-50v, della Biblioteca Nazionale di Roma, dedicate alla misurazione del diametro solare e della circonferenza terrestre. Tuttavia nessun'altra opera mauroliciana, né precedente né successiva, è espressamente dedicata alla materia cosmografica, anche se sia gli Sphaerae et Cosmographiae primordia quaedam pubblicati nel 1528, sia il De sphaera sermo del 1558 riprendono da diverse angolazioni molti degli argomenti affrontati nei tre dialoghi.

4  Fortuna

Della Cosmographia il Bembo loda lo stile, la struttura compositiva, la dottrina e la perspicuità espositiva9. Per motivi non dissimili l'opera fu apprezzata da Giuseppe Moleti (1531-1588), allievo del Maurolico e predecessore di Galileo nello studio di Padova, che nel Discorso matematico (precedente al 1577) ne sottolinea l'ordine, la completezza e la chiarezza, confessando di ``havere più imparato dall'assidua lettione di quel libro che di tutto 'l resto de compedii''. A sua volta il Pretorio approntò una libera rielaborazione dei dialoghi, oggi conservata nel manoscritto di Erlangen 833, di cuì si servì per le sue lezioni nell'università di Altdorf ([Moscheo 1988b, p. 27 n. e 296-298]), mentre, come già si è detto, il Belli, il Barozzi e il Clavio espressero la loro ammirazione per il metodo mauroliciano di misurazione della circonferenza celeste. Il successo dell'opera è confermato anche dall'allestimento di una seconda edizione a cura di G. Cavellat, stampata a Parigi nel 1558. Falsa è invece la notizia di una terza edizione allestita a Basilea a cura di J. Oporinus: tale notizia, diffusasi assai presto, trasse in inganno il Maurolico stesso, che ricorda questa fantomatica edizione nell'Index degli Opuscula Mathematica10.

5  Testimoni e criteri editoriali

Delle due redazioni della Cosmographia si è preferito fornire indipendentemente il testo, basandosi rispettivamente sull'edizione veneziana dal 1543 (S) e sul ms. Catanensis 52 (C). Nell'apparato della versione italiana vengono comunque segnalate le differenze rispetto al testo latino.

In particolare, anzi, per quanto riguarda le redazione volgare, il confronto con quella latina è risultato utile per sanare le corruttele più gravi dell'assai scorretto manoscritto settecentesco, e segnatamente le omissioni dovute a salti di riga o a sauts du m^eme au m^eme11: il testo dell'edizione veneziana è stato perciò riportato in apparato tutte le volte che sembrava necessario per giustificare un'integrazione o un emendamento congetturale e per chiarire il significato di passi insanabili.

I rimandi interni all'opera sono stati accuratamente annotati. La punteggiatura, l'uso delle maiuscole e degli accenti è stato uniformato all'uso moderno, secondo i criteri di questa edizione, e, nella redazione italiana, sono stati regolarmente corretti i molti errori `sistematici' presenti nel tardo codex unicus dell'opera e dovuti all'errato scioglimento di abbreviazioni (``permontorio'' per ``promontorio'', ``propendicoli'' per ``perpendicoli'', ``permesso'' per ``promesso'', ``provene'' per ``pervene'', ``proseguire'' per ``per seguire'', ``percediria'' per ``procediria'', ``preambulato'' per ``perambulato'', ``perportione'' per ``proportione'', ``superiore'' per ``superficie'', ``quipendicolo'' per ``perpendicolo'', ``exquimento'' per ``experimento'', come maniera'' per ``materia'', ``raggione'' per ``regione'') o al loro mancato scioglimento (``come'' per ``comune'', ``meta'' per ``materia'', ``un'' per ``unde'', ``par'' per ``parimente'') e all'erronea trascrizione di nomi propri (``Gembo'', ``Geroso caldeo'', ``Algumazar'', ``Anaxabora'', ``Albartegno'', ``Orate'', ``Orileo'', ``Tabir'', ``Formico'', ``Alemeone'', ``Solpicio'', ``Mazulo"", ``Autolayco") o di termini tecnici (``solo'' per ``polo'', ``circo'' per ``cielo'', ``differente'' per ``deferente'', ``petitione'' per ``partitione'', ``posto'' per ``ponto'', ``lasse'' per ``basse''; ``lunare'' per ``luminari'', ``coaltrove'' per ``coalterne'', ``giorni'' per ``gradi'', ``contrario'' per ``gradi 10'', ``obligata'' per ``obliquità'', ``paralanga'' per ``parasanga'', ``meglior'' per ``miglia'', ``cronica'' per ``conica'', ``solicitudine'' per ``similitudine'').


1  Descrizione del codice in [Moscheo 1988b, pp. 283-286], da integrare con le seguenti precisazioni: 1) sebbene la foliazioni arrivi a 131, i fogli che compongono il manoscritto sono in realtà III+136+III, dal momento che il primo foglio con il frontespizio dell'opera non è numerato e che dopo il f. 45r la numerazione riprende da 42; 2) l'uso della réclame, collocata sia sul retto sia sul verso dei fogli, è irregolare e sempre meno costante con il procedere dell'opera; 3) a partire dal secondo fascicolo i binioni sono segnati con un numero romano collocato sul margine superiore sinistro del retto del primo foglio.

2  Come è noto, il Maurolico conosceva l'opera di Apollonio indirettamente, attraverso il De expetendis et fugiendis rebus di Giorgio Valla e la sezione sferica del De motu octavae sphaerae del Werner (1522).

3  La rielaborazione di quest'opera compiuta dal Maurolico e recentemente pubblicata da [Tassora 1995] era già stata completata nel 1534.

4  Il Maurolico dichiara invece non aver visto il libello contro Tebit del Regiomontano, a noi non pervenuto e noto soltanto dal progetto di studi pubblicato dall'autore con la Tabula primi mobilis.

5  Il De motu stellarum di Albategno, corredato delle note del Regiomontano, fu pubblicato per la prima volta a Norimberga con i Rudimenta di Alfragano nel 1537. Le citazioni risalenti al 1535 saranno dunque da considerare di seconda mano.

6  Vd. la lettera al Bembo del 5 maggio 1536.

7  Vd. l'introduzione al presente volume, § 3.

8  Vd. ancora l'introduzione al volume, § 5.

9  Vd. le lettere del Bembo a Pietro Faraone e al Maurolico del 15 aprile 1540, e cf. l'introduzione del volume, al § 5.

10  [Moscheo 1988b, p. 493]. Vd. anche [Rosen 1957a, pp. 59-76].

11  Basterà ricordare qui, a titolo di esempio, la lunga lacuna individuabile al f. 71v e probabilmente imputabile ad un salto dal simile al simile dopo ``per fin che 'l Sol''.

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