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Photismi de lumine et umbra
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Opere
Introduzione
1. Euclides
2. Sphaerica et parva astronomia
3. Arithmetica et algebra
4. Archimedes
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8.  Optica
8. Cosmographia et astronomica quaedam
9. Mechanicae artes
10. Epistulae

Instrumenta Maurolyciana
Introduzione
1. Catalogi
2. Bibliographica
3. Biographica
4. Iconographica
   
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Photismi de lumine et umbra

4 ott. 2002


A cura di
Ken'ichi Takahashi
Riccardo Bellè


Introduzione

1  Presentazione dell'opera

1.1  Suddivisione in parti e riassunto dei contenuti

Il titolo completo dell'opera, come si trova nell'editio princeps (Napoli, 1611, siglum S10), è Photismi de lumine et umbra ad perspectivam et radiorum indicentiam facientes; la parola photismi è un neologismo di invenzione mauroliciana, derivante dalla parola greca fwV, cioè luce; questo termine viene chiarito dallo stesso Maurolico in un passaggio della lettera a Juan de Vega (datata 1556), della quale parleremo in seguito, dove troviamo scritto De photismis hoc est radiationibus; questa parola in italiano potrebbe pertanto essere resa come ``irraggiamento''.1 Tenendo conto di questo, il titolo in italiano suonerebbe cosí: L'irraggiamento della luce e dell'ombra, riguardante la perspectiva e l'incidenza dei raggi.2

Dobbiamo precisare che nell'Index lucubrationum del 1568, contenuto nel manoscritto autografo Par. Lat. 74663 troviamo un'aggiunta: ad illuminationem et calorem, che può essere interpretata o come una sostituzione o come una integrazione di carattere esplicativo del termine perspectiva.

Il testo è contenuto, assieme agli altri di argomento ottico giunti fino a noi, nell'edizione stampata a Napoli nel 1611 intitolata: Photismi de lumine et umbra ad perspectivam et radiorum incidentiam facientes, Diaphanorum partes seu libri tres ...Problemata ad perspectivam et iridem pertinentia. Questa edizione ebbe una serie di vicissitudini editoriali, essenzialmente ricostruibili attraverso la corrispondenza Staserio-Clavio, i due personaggi centrali della vicenda, delle quali abbiamo ampiamente discusso nell'introduzione al volume. Ricordiamo qui semplicemente che in questa edizione comparivano, organicamente inserite nel testo genuinamente mauroliciano ma stampate con un diverso carattere (corsivo) delle aggiunte scritte da Clavio per di rendere piú chiara l'esposizione e di spiegare meglio alcuni passaggi.4

L'opera inizia con quattro definizioni e cinque supposita. Alle supposizioni genuinamente mauroliciane, ne viene aggiunta una sesta da Clavio. Seguono 35 teoremi che possiamo --- per comodità espositiva --- suddividere in due parti: la prima, costituita dai teoremi I--XXII, dedicata allo studio del comportamento della luce diretta, la seconda (XXIII--XXXV) allo studio della riflessione della luce.

Possiamo individuare relativamente alla prima sezione tre argomenti principali (relativi, come detto, all'analisi del comportamento della luce diretta):

  • Illuminazione (Teoremi I--VII): troviamo il primo tentativo di quantificazione dell'illuminazione, cioè un tentativo di determinare la quantità di luce che gli oggetti ricevono, in base alla loro estensione o alla loro posizione e distanza rispetto alla fonte luminosa.

  • Ombra (Teoremi VIII--XIX): vengono discusse le forme che le ombre assumono in vari casi: a seconda delle dimensioni relative o della forma dell'oggetto luminoso e di quello opaco. È di particolare interesse il teorema XVIII nel quale Maurolico, utilizzando il concetto di umbra particularis (ombra parziale), introdotto nella definizione quarta, spiega il fenomeno oggi denominato penombra.

  • Camera obscura (Teoremi XX--XXII): viene affrontato il fenomeno, comparso per la prima volta nei Problemata pseudo-aristotelici (sez. XV, cap. 6),5 per il quale la luce del sole assume sempre una forma circolare pur passando attraverso un foro di qualsiasi forma. È questa la discussione di gran lunga piú complessa di tutta l'opera. Maurolico, infatti, si distacca nettamente dalla tradizione precedente riducendo l'analisi del fenomeno esclusivamente a ragionamenti geometrici, senza ricorrere ad argomenti riconducibili all'ambito della filosofia naturale aristotelica.

La parte sulla riflessione tratta dei seguenti argomenti:

  • Caratteristiche degli specchi in generale (teoremi XXIII--XXV).

  • Legge di riflessione (teoremi XXVI--XXVIII).

  • Comportamento della luce incidente sugli specchi sferici convessi (teorema XXIX), concavi (teoremi XXX--XXIV) e specchio ustorio sferico (teorema XXXV).

Tra questi teoremi merita particolare attenzione il teorema XXVII che dimostra la legge di riflessione tramite considerazioni di simmetria e attraverso l'uso della quarta supposizione, nella quale Maurolico aveva postulato il principio di reversibilità del cammino della luce.

1.2  Rapporti intratestuali

I Photismi sembrano dover essere considerati la prima opera completata da Maurolico, portano infatti la data del 1521. Sono in effetti ricordati in tutti i testi che Maurolico compose, nel corso di tutta la vita, con lo scopo di descrivere le sue opere e di illustrarne brevemente il contenuto. Per maggior dettagli si veda l'introduzione generale al volume, per gli scopi attuali ci basti dire:

  • i Photismi compaiono già nell'introduzione ai Grammaticorum libelli datata 1528, il primo scritto di questo genere da lui composto.

  • Riportiamo un brano della lettera a Juan de Vega, documento risalente al 1556 e che si rivela della massima importanza poiché in esso Maurolico, con dovizia di particolari, riassume i punti fondamentali delle proprie opere; come si potrà vedere si accorda fondamentalmente con quanto da noi detto sopra circa il contenuto:

    Veniam nunc ad perspectivae negocium ubi neque operam mihi videor lusisse: quandoquidem et hic compluscula tam ab aliis omissa quam notatu digna demonstravi. Geminos enim composui libellos, de Photismis, hoc est radiationibus, unum; alterum de diaphanis. In illo radiosas foraminum incidentias ad formam luminosi corporis redigi, certis ostendimus argumentis; ubi Ioannes Petsan laborando vix emergit. Item inversas lucis aut illuminatarum rerum imagines repraesentari radiorum intersectione aut concursu.6

Per quanto riguarda l'utilizzo di questa opera in altre successive abbiamo rintracciato alcune citazioni nella Cosmographia.7

Una prima menzione si può forse trovare nel primo libro (ma solo nel testo a stampa): ``nam lucida sphaera eo plus illuminat de globo minori, quo propior ei fuerit: quemadmodum in perspectiva satis ostensum est'';8 nei teoremi XIV e XVI dei Photismi viene trattato proprio questo argomento, anche se in questo passo Maurolico si riferisce a una non meglio precisata, Perspectiva, e non esplicitamente ai Photismi.

Passando al secondo libro abbiamo un altro passo, nel quale, stavolta, i Photismi vengono citati esplicitamente: ``ma di questo nelli miei Photismi ho raggionato a pieno'' che nella versione latina diventa: ``Quaestio circa radiorum potentiam. Photismi. ...sed hoc nos in photismis geometrice demonstravimus.''.9

Nel terzo libro infine abbiamo due riferimenti, il primo potrebbe essere ricondotto ai teoremi XV, XVI e XVII dove Maurolico tratta proprio questo argomento:

Quest'ombra della terra anderia crescendo sempre, se il Sole fosse piú piccolo della terra, et tando si chiameria ombra calathoide, perché in forma d'un calatho se anderia dilatando. Et se il Sole fosse equale alla terra, l'ombra s'extenderia sempre d'una grossezza in forma d'un cylindro, et cylindroyde si chiameria. Ma perché il Sole è maior che la terra, come per le dette regole fu compreso, perciò l'ombra va coarctandosi in forma d'un cono, et conoide si chiama, onde tal ombra ad certo termino nel cielo di Venere si annichila et appuncta.10

Il secondo è un riferimento esplicito e riguarda il teorema XXII:

tal forma s'ecclissa come fa il Sole, di che noi, nelli nostri Photismi, a pieno raggionammo.11

E in latino:

in eclipsi cum ipso Sole simul ac similiter deficit. Qua de re nos in photismis verba fecimus.12

Nei Photismi sono presenti, ovviamente, citazioni dagli elementi di Euclide (una ventina), oltre a queste vi sono anche due citazioni di altre opere, purtroppo ambigue: un ut in conicis e un ut in Catoptricis. L'ambiguità non ci permette di capire se Maurolico si riferisca a proprie opere con questo titolo o ad opere altrui. Dato che nel 1528 (nell'introduzione ai Grammaticorum libelli) dopo aver elencato, come opere che ha semplicemente studiato, Optica e Catoptrica di Euclide, queste non compaiono tra le opere da lui composte neanche sotto forma di un compendio di ottica e non compare nemmeno un compendio di coniche13 sembrerebbe se ne debba dedurre che il riferimento ut in catoptricis sia all'opera di Euclide e il ut in conicis al De conica sectione di Valla.14

2  Tradizione e novità

2.1  Quanto a struttura

Il modello di base è Euclide e le sue opere di ottica: Optica e Catoptrica. Anch'esse sono infatti strutturate con una serie di definizioni e postulati15 a partire dai quali vengono dimostrati tutti i teoremi seguenti.

Per quanto riguarda gli argomenti affrontati, abbiamo una novità rispetto alla tradizione: Maurolico focalizza la sua attenzione sullo studio della luce. Si allontana quindi dalla tripartizione classica degli studi di ottica: visione per raggi diretti, per raggi riflessi, per raggi rifratti. Nei Photismi è completamente assente l'osservatore, il libro non tratta cioè della visione ma della luce. A rigore, dobbiamo dire che anche la luce era stata studiata nelle opere di ottica fin dagli esordi, ma solamente per la supposta equivalenza fra radiazione visiva e radiazione luminosa; l'interesse cioè, rimaneva focalizzato sulla comprensione della visione e era attribuita alla luce, come invece accade in Maurolico, un'importanza autonoma e un interesse specifico.

2.2  Fonti

Le fonti dei Photismi sono il già citato Euclide (Optica e Catoptrica) che quasi certamente Maurolico conosce nell'edizione di Zamberti (1505)16 e John Pecham (Perspectiva communis). Non vi sono tuttavia rinvii espliciti a queste opere o ad altre (a parte i già ricordati ut in conicis, due volte, e ut in Catoptricis) ma in vari passi sono rintracciabili fonti non esplicite.

Ad esempio l'ultimo teorema (quello sullo specchio ustorio sferico) è analogo all'ultimo della Catoptrica di Euclide.

Il problema della camera obscura (affrontato nei teoremi XX--XXII) è centrale per inquadrare l'influenza di John Pecham sull'ottica mauroliciana. Come noto, questo problema era uno dei piú dibattuti dalla tradizione medievale e non era stato risolto in maniera soddisfacente da nessuno dei numerosi studiosi che vi si erano avvicinati. Maurolico, fin dai primi tempi, si interessa a fondo a questo tema, ed è proprio in connessione con esso che cita, a piú riprese, John Pecham e la sua trattazione in merito. Abbiamo visto poco sopra quello che dice nella lettera a Juan de Vega, aggiungiamo qui un'altra testimonianza risalente ai primi anni della sua carriera di matematico tratta dai Grammaticorum libellli (1528):

De Photismis unus: alter de Diaphanis. In illo, praeter caetera, patescet cur solaris radius per qualecumque foramen transmissus in circularem redigatur formam: in hoc ratio rotunditatis et colorum Iridis aperietur. Quorum utrunque fuit Ioanni vulgatae Perspectivae authori incognitum.17

A queste considerazioni di carattere generale possiamo affiancare una considerazione lessicale: l'uso della medesima parola nella stesso contesto; Maurolico, infatti, adopera la parola calathoides per indicare la forma a tronco di cono che assume l'ombra in un particolare caso,18 esattamente come Pecham.19

Relativamente ad Euclide siamo in grado anche di identificare un'altra delle edizioni nelle quali Maurolico lesse Optica e Catoptrica, oltre alla già ricordata versione zambertiana: il De expetendis et fugiendus rebus di Valla. Infatti la dimostrazione mauroliciana della legge di riflessione (teorema XXVII) è analoga a quella contenuta in uno scolio alla Catoptrica di Euclide (tradizionalmente attribuito ad Archimede) che compare nell'opera di Valla e che non è presente nelle altre traduzioni. Inoltre è importante ricordare che nei Photismi compare (nel teorema XI) la sezione subcontraria. La sezione subcontraria è totalmente assente dalle tradizioni medievali di coniche ma viene presentata da Valla nel capitolo intitolato De conica sectione.

3  Contestualizzazione dell'opera

L'analisi del ruolo degli studi ottici all'interno della carriera matematica di Maurolico è stata analizzata nel dettaglio nell'introduzione generale al volume.

4  Fortuna

Per quanto rigurda la diffusione di questa opera, abbiamo, a testimonianza dell'interesse per i testi ottici di Maurolico, varie lettere di studiosi riconducibili all'ambiente gesuitico nelle quali si parla dei Photismi o piú in generale dell'ottica di Maurolico.20 Queste lettere si trovano nella corrispondenza di Paolo Guldino conservata alla Universitätbibliothek di Graz. L'ottica di Maurolico compare in ben sette lettere di questo epistolario21 e in particolare una spediata a Guldino da Staserio, tre da Cristoforo Scheiner, e due da Joannes Lantz, datate tra il maggio 1611 e l'aprile 1614.

Vogliamo ricordare, inoltre, che V. Ronchi ravvedeva alcuni contatti fra alcuni aspetti della teoria ottica di Maurolico e quella di Kepler, ad esempio nella spiegazione del problema della camera obscura, pur escludendo, in definitiva, una conoscenza da parte di Kepler dell'opera di Maurolico:

Ciò che rimane ancora di strano è la straordinaria somiglianza fra i ragionamenti di P.Maurolico e quelli del Keplero. Che ciò sia avvenuto senza alcuna comunicazione pare impossibile. ...Bisogna proprio concludere che il Keplero non conosceva l'opera di P. Maurolico.22

5  Ringraziamenti

Ringraziamo il direttore della Biblioteca di Lucca per averci permesso di fotografare il manoscritto. La professoressa Derenzini per la descrizione del manoscritto di Lucca. L'antiquario Martayan Lan di New York che ci ha inviato delle fotocopie di una copia di S10 in suo possesso. Il professor Thomas Settle che ha controllato per noi una copia di S11 alla New York Public Library.

6  Testimoni

mss: Lucca, Biblioteca Governativa, 2080. (siglum C7)

Hamburg, Stadtsbibliothek, Cod. Math. 483 (Quarto). (siglum C6)

st: Photismi de lumine et umbra. (siglum S10)

Theoremata de lumine et umbra, apud Bartholomaeum Vincentium, (L. Hurillion), Lugduni, 1613. (siglum S11)

La copia di S10 da noi utilizzata è quella conservata alla Biblioteca Universitaria di Pisa (segnatura E d 6 53).

S10 presenta una particolarità: le pagine 17 e 24 non sono uguali in tutte le copie, alcune contengono delle aggiunte di Clavio che altre non hanno; inoltre le figure di pagina 17 sono differenti. Possiamo quindi dividere le copie in due gruppi diversi: il primo contenente le pagine 17 e 24 come nella copia di Pisa, il secondo con le pagine come nella copia segnalataci dall'antiquario Martayan Lan e nelle tre conservate alla Biblioteca Nazionale di Roma.

7  Criteri di edizione

Il testo che forniamo è quello dell'edizione di Napoli (S10), con le varianti contenute nel manoscritto C7.23 Abbiamo indicato con S1 le correzioni contenute nella tabella degli Errata di S10, con S2 il testo presente nelle pagine che compaiono solo in alcune copie di S10. Le aggiunte di Clavio sono state espunte e fornite in apparato, come individuabili nel testo dell'edizione di Napoli dal differente carattere in cui sono stampate.

Abbiamo uniformato la punteggiatura all'uso moderno laddove necessario.


1 In uno scritto di Maurolico precedente, la lettera di dedica della Cosmographia risalente al 1543, troviamo le parole: ``Photismi nostri sive radiationes''.

2 La problematicità di questo titolo è testimoniata anche dalla scelta del curatore della seconda edizione uscita a Lione nel 1613. L'evidentemente poco chiaro photismi viene sostituito con un theoremata. Anche in tempi moderni, la parola photismi ha suscitato dubbi, tanto da spingere E. Rosen a dedicargli un articolo: [Rosen1957b].

3 L'Index si trova pubblicato in [Clagett 1974].

4 ``Tum P. Clavii iudicio notisque quas alia literarum forma inter auctoris demonstrationes inseruimus ad maiorem distinctionem et commodum tuum.'' Cfr. S10, c. 5*.

5 Cfr. Aristotele, Problemi, a cura di Maria F. Ferrini, Milano, 2002, pp. 243--245. Aristotele, Problems, a cura di W. S. Hett, Londra, 1936, pp. 332--335.

6 Cfr. Par. Lat. 7473, cc. 9r--9v.

7 Come noto (cfr. Vol. 9) la Cosmographia ci è giunta in due versioni: una latina (quella originale di Maurolico) edita a Venezia nel 1543 (S2) e a Parigi nel 1558 (S2bis), una italiana conservata in un manoscritto (C2). Vi sono quindi alcune differenze fra le due versioni.

8 Cfr. S2, c. 22r; S2bis, c. 34r. Non compare nel testo in italiano.

9 Cfr. C2, cc. 46v--47r; S2, c. 35r; S2bis, cc. 54r--v.

10 Cfr. C2, c. 107r; S2, pp. 87r--v; S2bis, c. 137r. Non abbiamo riportato il testo latino, in quanto sostanzialmente identico.

11 Cfr. C2, c. 108r.

12 Cfr. S2, cc. 87v--88r; S2bis, c. 138r.

13 Cfr. l'introduzione al volume di Conica (Vol. 5).

14 Per questa attribuzione si veda ancora il volume 5.

15 In realtà nell'Optica di Euclide non compare questa distinzione ma un unico elenco di supposizioni.

16 Infatti nei Grammaticorum libelli (1528) viene citato quasi alla lettera il frontespizio di questa edizione.

17 Cfr. op. cit., cc. 7r--8r.

18 Si tratta del caso di un corpo luminoso sferico che illumini un corpo sferico opaco di dimensione maggiore (teorema XIV, corollario terzo).

19 Per un'analisi piú approfondita delle fonti mauroliciane si veda [Belle 2000].

20 Queste informazioni sono principalmente ricavate da [Moscheo 1988b], pp. 74--77.

21 Per i passaggi rilevanti si veda Moscheo, loc. cit.

22 V. Ronchi, Storia della luce, p. 106.

23 Cfr. Lo stemma è stato stabilito nell'introduzione generale al volume.

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