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5.2.1  Integrazioni interlineari

Cominciamo dal caso piú semplice. La tradizione consista di un solo testimone, non autografo, A. Il copista di A, dovendo scrivere ``primum et secundum'', ha saltato le parole ``et secundum'', accorgendosene poi e integrandole in interlinea. Il trascrittore dovrà ottenere:

primum et secundum1
1et secundum in interl. A

Non si tratta di un intervento di altra mano e l'intervento del copista non si riferisce ad un testo alternativo: non sarà dunque necessario nominare nessun altro siglum (né A1, né A2, né Am). Il formato della macro che produce questa nota è il seguente:

primum \VV{
          {A+:\INTERL:et secundum}
          }

e si noti che la \INTERL viene inserita nel secondo sottocampo del campo relativo ad A. Si tratta di un esempio della ``struttura segreta di \VV'' (cfr. § 4.5): nel primo sottocampo si indica il testimone (o la *, nel caso si utilizzi l'apparato negativo o non sia opportuno specificarlo); nel secondo indicazioni ``speciali''; nel terzo la lezione del testimone. I `:' servono a separare i tre campi e non vanno lasciati spazi bianchi prima o dopo di essi.

Si noti anche che nel primo sottocampo compare non A, ma A+, in quanto si tratta di un intervento del copista sul testo che sta scrivendo.

Vediamo ora un caso leggermente piú complesso. Se B avesse anch'esso omesso ``et secundum'' ma, a differenza di A non l'avesse integrato neppure in interlinea, dovremmo ottenere

primum et secundum1
1et secundum in interl. A   om. B

La macro relativa sarà

primum \VV{
          {A+:\INTERL:et secundum}
          {B:\OM}
          }

e se B avesse omesso lasciando uno spazio bianco, scriveremmo invece

primum et secundum1
1et secundum in interl. A   spatio relicto om. B

e per ottenere questo batteremo

primum \VV{
          {A+:\INTERL:et secundum}
          {B:\OMLAC}
          }

Potrebbe poi darsi che il copista di A si sia accorto di non aver scritto ``et secundum'' solo in un secondo tempo (cosa dimostrata dall'uso di un inchiostro diverso) e solo in un secondo tempo abbia integrato queste parole. Questo esempio mostra l'importanza di codificare gli interventi del copista mediante il +, soprattutto nel caso che essi siano datati o databili, perché ciò potrebbe aiutare a collocare cronologicamente B. Segnaleremo quindi che B ha un testo che A omette, ma che il suo copista ha poi agggiunto. Supponendo che la lezione di B sia ``primum et secundum'' avremo allora in apparato:

primum et secundum1
1 et secundum B    in interl. diverso atramento A

Utilizzeremo la macro \DES{} per dar conto del cambio di inchiostro:

primum \VV{
          {B: et secundum}
          {A+:\INTERL\DES{diverso atramento}:}
          }

Si osservi che in questo modo non solo viene codificato l'intervento del copista per mezzo di A+, ma vengono fornite in apparato anche gli elementi per stabilire possibili datazioni relative di A, di B e degli interventi fatti dal copista di A.

È opportuno anche osservare in quest'ultimo esempio che l'ultimo campo dopo \INTERL e \DES{} è lasciato vuoto. La cosa è indispensabile: non si potrebbe scrivere {A+:\INTERL\DES{diverso atramento}}, senza i `:' finali. Scrivendo in questo modo si sta infatti dicendo alla macro \VV che A ha la stessa lezione del testo critico e che l'editore vuole solo dare un'informazione aggiuntiva, fornita da \INTERL e da \DES{} (si ricordi che le informazioni aggiuntive devono essere collocate nel secondo sottocampo: cfr. § 4.5). I `:' dopo \INTERL servono appunto per lasciare la lezione di A vuota, in modo che nella nota risulti che è la stessa di quella di B.

Per lo stesso motivo non bisogna assolutamente battere

{A+:\INTERL\DES{diverso atramento}:et secundum}

che produrrebbe una nota orribile:

primum et secundum1
1et secundum B   et secundum in interl. diverso atramento A

scrivendo due volte ``et secundum'' in nota16.

Potrebbe darsi poi che il copista di A (un gran distratto), non abbia effettuata l'integrazione nemmeno in un secondo tempo e che essa sia stata poi eseguita da un'altra mano (mettiamo A2). Vorremo allora ottenere

primum et secundum1
1et secundum B   om. A    in interl. add. A2

dove ``add.'' sta per ``addidit'': A2 ha aggiunto ``et secundum'' nell'interlinea. Scriveremo:

primum \VV{
          {B:et secundum}
          {A:\OM}
          {A2:\INTERL\DES{add.}:}
          }

Se invece l'integrazione interlineare fatta da A2 fosse ``et tertium'' invece della lezione ``et secundum'' di B che noi vogliamo accogliere in TC, l'apparato dovrà essere:

primum et secundum1
1et secundum B   om. A   et tertium in interl. A2

e scriveremo

primum \VV{
          {B:et secundum}
          {A:\OM}
          {A2:\INTERL:et tertium}
          }

(si noti che in questo caso dopo \INTERL segue la lezione, dato che diverge da quella del TC!)

Infine, a fronte dell'integrazione di A2, B potrebbe avere omesso ``et secundum'' senza integrarlo in nessun modo: dovremmo allora avere:

primum et secundum om.1
1om. A B   et secundum in interl. add. A2

scrivendo

primum et secundum \VV{
                      {A/B:\OM}
                      {A2:\INTERL\DES{add.}:et secundum}
                      }

Attention: ce dernier exemple est un cas très particulier, puisqu'il produit un om. dans le texte critique. La présence de ce type de om. dans le langage Mauro-TEX est encore en discussion17. Avant d'utiliser cette ressource, il est préférable d'en faire part au directeur et au comité technique du projet.


16  Diverso è il caso di quando si scrive {A:\OM} : le macro \OM, \OMLAC, \NL e \LACm infatti sono state costruite in modo da costituire una sorta di lezione e quindi vanno collocate nel terzo sottocampo dei campi interni di \VV e non si devono mettere i : dopo di loro. Cfr. § 4.5.

17  Février 2005.

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