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Cosmographia Libro terzo Parte 3
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Quinci [C:106r] triplicando la proportione delli diametri, come la Geometria116 c'insegna, nasce la proportione di questi tre corpi.

Ma nelli detti diametri et distantie, Albategnio alquanto discrepa da Ptolemeo, così di tutte queste distantie la notitia nasce dalla diversità d'aspetto della Luna.

La diversità d'aspetto dell'astro in longitudine è l'arco dell'eccliptica, chiuso tra due cerchi de latitudine, che vanno per lo luoco vero et viso.

Et di qualvoi di questi due cerchi, l'arco chiuso tra due paralleli della eccliptica, per lo luoco vero et viso descripti, si chiama la diversità in latitudine.

Et la visa latitudine sarà, di qualvoi di detti cerchi, l'arco tra l'ecliptica et il parallelo per lo viso loco.

Quinci siegue che quando l'ecliptica passa per lo zenit, la diversità in altitudine è anchor diversità in longitudine, et la diversità in latitudine tando è nulla. Et più, quando il cerchio d'altitudine sta recto sopra l'eccliptica, allora la diversità in altitudine è anchor diversità in latitudine, et la diversità in longitudine tando è nulla.

Et però in tal punto dell'ecliptica, il quale sempre è medio del semicirculo sopra terra, la coniuntione vera è insieme con la visibile. Ma nel quadrante orientale precede117 la visibile, et nell'altro la vera.

Eclipse vol dire defetto, da epsilonkappalambdaepsiloniotapiomega, verbo greco che significa deficio.

L'ecclipse del Sole, et della Luna, primo apò gli Romani, [C:106v] mostrò Sulpicio118 Gallo. Apò gli Greci Thalete Milesio,come dice Plinio, o vero Anaxagora119, come nella Vita di Nicia significa120 Plutarco.

Eclipse del Sole tando accade, quando nella coniuntione la Luna s'interpone tra l'occhio nostro e'l Sole, di modo che ne absconde il Sole, o tutto, o parte. Il che tando accadono quando la coniuntione si fa circa il Capo, o la Cauda, del Dracone.

Onde il Sole veramente mai manca del suo lume, se non che per l'obstaculo del corpo lunare, come per una nebia, noi121 siam privati della vista di quello. Onde tale occultatione inpropriamente si chiama ecclipse.

Ma quello eclipse, che fu nell'hora della passione di Cristo servatore, fu contra l'ordine della natura. Perché essendo la Luna quasi nel plenilunio, il Sole, miracolosamente conpatendo al suo Signore, perse a tempo il natural splendore.

Onde Dionisio Areopagita Atheniense, discepolo di Paulo Apostolo, trovandosi in quel tempo in Heliopoli, città d'Egipto, con Apollophane Sophista, come nel Ditionario de Suida si legge, disse:

alphagammasigmatauomicronsigma pialphasigmakappaepsiloniota thetaepsilonomicronsigma, deltaiota omicronnu tauomicron pialphanu epsilonzetaomicronphiomegatauupsilon, kappaiota sigmaepsilonsigmaalphalambdaomegatauupsilon.

Cioè l'ignoto Dio patisse, et perciò l'Universo se ha oscurato et commosso.

L'ecclipse dunque del Sole è per rispetto della vista nostra; non di lui. Et per la diversità dell'aspetto può accadere che ad un luogo della terra il Sole paia eclipsato, et ad un altro men ecclipsato, o niente. Come vegiamo che qui [C:107r] certa nebbia nasconde il Sole, et altrove non l'asconde.

L'ecclipse della Luna tando accade, quando per diametro la Luna al Sole si oppone, il che tando adviene quando l'oppositione si fa nel Capo, o la Cauda, del Dracone, o appresso, perché tando la Luna viene a subintrare l'ombra della terra.

Onde non havendo la Luna lume da sé, ma dal Sole, quanto per l'ombra detta è privata dell'aspetto del Sole, tanto veramente viene a mancare di lume.

Quest'ombra della terra anderia crescendo sempre, se il Sole fosse più piccolo della terra, et tando si chiameria ombra calathoide, perché in forma d'un calatho se anderia dilatando. Et s'el Sole fosse equale alla terra, l'ombra s'extenderia sempre d'una grossezza in forma d'un cylindro, et cylindroyde si chiameria. Ma perché il Sole è maior che la terra, come per le dette regole fu compreso, perciò122 l'ombra va coarctandosi in forma d'un cono, et conoide si chiama, onde tal ombra ad certo termino nel cielo di Venere si annichila et appuncta.

L'asse dunque di questo ombroso cono sempre si trova nel piano dell'ecliptica, perché va menato per li centri del Sole et della terra, li quali centri sempre son locati nel detto piano. Et però il piano dell'ecliptica, il detto cono taglia per l'asse, di modo che mezzo cono resta septentrionale et mezzo australe [C:107v] dalla eccliptica.

Or quando la Luna, nell'oppositione, s'appropinqua tanto all'ecliptica, che viene a subiussare123 il detto cono ombroso, tando viene a patir vero defetto del suo splendore124.

L'ecclipse, sì del Sole come della Luna, può accadere in tre modi. Cioè partiale, quando non tutto il corpo, ma parte d'esso si ecclipsa. Universale senza dimora, quando tutto il corpo si ecclipsa, ma non fa dimora nella totale obscuratione. Universale con dimora, quando tutto il corpo se oscura, et nell'intiera oscuratione fa dimora.

Quando l'ecclipse è partiale, o universale senza dimora, ha tre termini di tempo, cioè125 il principio, il mezzo, et il fine. Quando l'ecclipse è universale con dimora ha cinque tempi, cioè il principio dell'ecclipse, il principio della totale oscuratione, il mezzo, il fine della totale oscuratione, et il fine di tutto l'ecclipse.

Li digiti di l'ecclipse sono le duodecime del diametro ecclipsate. Li minuti del caso sono quell'arco, che la Luna perambula superando il Sole, dal principio insino al mezzo dell'ecclipse, o insino al principio della totale oscuratione. Li minuti della dimidia mora sono quel'arco, che la Luna ultra126 il Sole perambula, dal principio della totale oscuratione insino al mezzo.

Però si detti minuti siano divisi per la superatione della Luna in un hora, sarà noto il tempo della perambulatione.

Et [C:108r] nota che, perché il visuale diametro della Luna è alle volte minor che quel del Sole, come dicono Albategnio et Alfonso, però può accadere, come dice Sosigene, che del Sole s'ecclipsi un cerchio medio, quant'occupa il globo lunare, circumlucendo d'ogni intorno li solari raggi.

Ma questo non può accadere secondo Ptolemeo, il quale disse, che il visuale diametro della Luna non è mai più piccolo di quel <del127> Sole.

Quando il Sole s'ecclissa poco è difficile a vederlo, per la potentia del solare raggio. Però allora noi, per non patire lesione della vista, sogliamo guardare del solare ragio, per alcun piccolo forame, transmisso la rotunda forma, incidente in alcun piano, <o128> pariete; perché tal forma s'ecclissa come fa il Sole, di che noi, nelli nostri Photismi, a pieno raggionammo de terminis Eclipsium necessarijs et contingentibus.

Quanto al moto delle stelle fisse, perché gli astronomi videro che quelle erano, et sono anchora, in quella distantia et positione, nella quale foro observate et scritte da Abrachi et Hipparco, però è cosa certa che tutte fanno un moto.

Onde però fixe si chiamano, perché tutte, in un cielo chiavate, insieme sono delate.

Ptolomeo, dunque, disse che si moveno ver livante, cioè secondo la successione dei segni, sopra l'asse et poli del zodiaco, a raggione d'un grado per 100 anni. Onde tutto l'ambito vengono a fare129 in 36.000 anni.

Altri appresso altramente dissero moversi, come nel primo dialogo ti dicea.

Onde per salvare queste varietà di moti, et [C:108v] le quantità dell'anno variamente trovate, et anchor le maxime declinationi varie, Tebit trovò il moto detto di trepidatione, il quale moto fanno i primi d'Ariete et Libra dell'octavo cielo, rotando nelle periferie di due piccoli cerchij, dei quali i poli sono i principij d'Ariete et Libra del 9o Cielo.

Il principio d'Ariete dello 8o si move nella periferia del suo cerchio, dal punto occidentale per lo septentrionale all'orientale; et il principio de Libra rota sempre opposito per diametro.

Con questa lege, che li principij di Cancro, et Capricorno dell'ottavo sempre si trovino nell'eccliptica del nono; della quale l'archi dal principio d'Ariete, o Libra, alla periferia del parvo cerchio è g.4 m.18 sec.43; et la declinatione della quale dall'equinoctiale pone g.23 m.33 1/2 invariabile.

Dunque, secondo Tebit, il moto di trepidatione si computa nella periferia del parvo cerchio, dalla sectione occedentale del parvo cerchio con l'equinoctiale, per la parte septentrionale, insino al principio d'Ariete dell'8o.

Aequatione dell'octava spera è l'arco d'ecliptica dell'octavo tral principio d'Ariete et la sectione d'essa ecliptica con l'equinoctiale. Questa equatione tando è maxima, quando il principio d'Ariete dell'8a dista per quarta del parvo cerchio dalla sectione sua con l'equinoctiale, et è tando g.10 3/4.

Quando il moto di trepidazione è men che semicirculo, l'equatione [C:109r] s'aggionge; quando è più, si leva, al moto d'ogni stella, o erratica, o fissa, trovato per computo, perché così il moto si riduce all'exordio della sectione equinoctiale.

Così come il moto, per numeratione trovato, havesse principio altronde che dalla detta sectione. Il che fu grande errore di Tebit.

Alfonso, re di Castilla 10o, suppose questo medesimo moto di trepidatione, ma vi aggionse un altro moto di longitudine ver livante. Così, secondo questa suppositione, i principij d'Ariete et Libra rotano al detto modo, nele periferie di due parvi cerchi, delli quali i poli sono i principij d'Ariete, et Libra del nono cielo et fanno un circuito in 7.000 anni. Il qual cielo si move, seco menando l'octavo in longitudine verso livante sopra li poli del zodiaco del primo mobile, onde l'ecliptica del nono cielo sempre gira sotto l'eccliptica del primo mobile. Et fa tutto il circuito in 49.000 anni, con questa conditione che l'eccliptica dell'octavo seca sempre l'ecliptica del nono neli principij de Cancro et Capricorno del nono. Il moto, dunque, del nono cielo, secondo Alfonso, è l'arco del zodiaco del primo mobile, secondo l'ordine dei segni, computato dal principio d'Ariete del primo mobile insino al principio d'Ariete del nono. Il moto de trepidatione130 dell'octavo è l'arco del parvo cerchio, computato dalla sua suprema sectione con la ecliptica della nona insino al principio d'Ariete della octava.

Equatione [C:109v] dell'octavo cielo è l'arco della eccliptica della nona sphera, chiuso tral centro del parvo cerchio, et il cerchio per li poli della 9a et il principio d'Ariete della octava.

Quando il moto dunque di trepidatione è niente, o semicirculo, nulla fia la detta equatione. Ma quando è o quadrante, o dodrante, l'equatione è maxima di 9 gradi quanto è il semidiametro arcuale del parvo cerchio.

Mentre il moto di trepidatione è men che semicirculo, l'equatione s'aggionge; mentre è più, si leva, al moto di longitudine per haver il moto equato, sì d'ogni stella fissa, come dell'auge di qual voi pianeta, la quale sempre si move come l'ottavo cielo.

Questo moto è difficile a comprendersi per la sua tardità. Il vulgo degli astronomi non dubita niente circa la suppositione d'Alfonso. Ma molte cose forano qui da dirsi.

Et una delle raggioni contra tal positione di moto è che, secondo essa, non viene ogni stella a fare quel moto che fanno i principij d'Ariete, et Libra dell'octavo. Il che è cosa molto absurda.

Et se vuoi vedere la debilità di tal positione, guarda che Alfonso non puose radici al moto della nona, quasi incerto di quel che supponeva.

Giovanne di Regiomonte, circa questa materia131, disputa pienamente nel Libello del moto dell'octavo Cielo, il quale scrisse contro Tebit, et suoi sequaci. Io non ho visto il detto Libello. [C:110r]

Ma questo ti dico, che quanto Alfonso fece più tardo il moto di trepidatione che Tebit, tanto ricompensò col moto della nona, et Tebit hebbe solamente rispetto a salvare la varietà del moto delle fisse, et la varietà delle maxime declinationi del Sole.

Ma re Alfonso hebbe ancor rispetto ad alcun altre convenienze. Et primo allui parve congruo che le stelle fisse havessero, come l'altre più basse stelle, moto di longitudine, per lo quale peragrassero tutto l'ambito del zodiaco, et però vi aggionse il moto di longitudine fatto per la 9a. Onde fu bisogno che tanto più tardo facesse il moto di trepidatione.

Ancora parve ad esso verisimile et conveniente, che la 9a compisse una rivolutione in tanto tempo, in quanto l'equinoctij, et solstitij li quali sempre retrocedono, torniranno ale sue sedi.

Retrocedono l'equinoctij et solstitij, peroché al quadrante, che oltra li 365 dì ha l'anno, mancano quasi 10 minute d'hora et 3/4 di minutia, le quali non ponno intrare nell'aditione del iorno intercalare nell'anno bisextile.

Onde, ogni quattro anni, le sedi di l'equinotij et solstitij nel Kalendario si retirano quasi per 43 minutie d'hora; perché il Sole, in tre anni communi et uno bisextile manco 43 minutie d'hora, fa quattro rivolutioni nel zodiaco. Et però in detti quattro anni fa quattro rivolutioni, et oltra tanto d'arco, quanto camina per 43 minutie.

Or perché Alfonso voglia [C:110v] che quel tanto d'arco, che, oltra le quattro rivolutioni, fa il Sole, il faccia per acceleratione del nono cielo, et però ch'esso nono camini tanto in quattro anni, quanto in 43 minuti il Sole.

Onde siegue che il nono in 49.000 anni tanto camini, quanto in un anno il Sole; et però in 49.000 anni il Sole faccia 49.000 rivolutioni, et una più per l'acceleratione del nono, et così l'equinoctij et solstitij ritornino ale sue sedi.

Intra tanto, il moto di trepidatione viene a fare 7 rivolutioni; che par che corrisponde al numero septenario degli pianeti.

In tal modo così il nono, come l'octavo cielo, ha colligantia col moto solare, com'hanno l'altre sphere.

Volse anchora Alfonso (perché conveniente gli parse) che, nell'hora che Cristo sarvatore nostro naccque, gli principij d'Ariete del primo mobile et del nono cielo fussero uniti.

Et anchora il principio d'Ariete dell'octavo in una longitudine con quelli, cioè nel supremo punto del suo parvo cerchio, d'onde il moto di trepidatione si computa.

Onde sì il nono, come l'ottavo cielo, pigliano exordio del camino loro dall'hora detta, che fu principio della salute nostra. Et pare, senza dubio, cosa convienentissima, che quando la divinità con l'humanità foro counite, quando l'homo con Dio fu riconciliato, quando le cose altissime con le basse, l'etherne con le temporali foro gionte, quando sotto una monarchia le nationi con tranquilla [C:111r] pace si regevano, tando anchora, nelli celesti moti, la detta notabile convenientia et counione de zodiaci si trovasse.

Così come alcun'altri misterij dell'incarnato Dio corrispondono alla dispositione del cielo. Onde il precone del venturo Lume nacque132 nel solstitio del decrescente giorno. Et esso Lume, nel principio del suo cremento in terra, apparve. Nell'equinoctio fu concetto, patiò, et resuscitò.

Quando il Sole intra nel segno di Vergine, l'Immaculata d'Ipara Vergine fu, col Sole eterno, congionta. Ma, per non fare più lungo il mio diverticolo, conchiudo che qualunque moto fa lo 8o cielo, quello anchor fanno l'inferiori celi tutti, di modo che il piano del solare deferente sempre sia nel piano della eccliptica dell'8o, et gli altri pianeti habiano le declinationi dei loro deferenti, o ferme, o varie, per rispetto della detta ecliptica, et che tutte le latitudini delle stelle et pianeti numerate siano, per rispetto della medesima ecliptica, et che con essa si movano l'augi degli deferenti, con tutto che l'augi di Mercurio et della Luna siano anchor per certi altri proprij moti circoatte.

I luoghi delle stelle fisse, sì in longitudine come in latitudine, si captano con l'instrumento dell'armille, rettificato per il luogo viso della Luna, o d'altra stella.

Ancora, cogniti li luoghi di due stelle, sì in longitudine come in latitudine,133 et sapendo la distantia [C:111v] da quelle ad un altra stella tertia, sarà della terza cognito il luogo in longitudine et latitudine, per la Scienza delli Spherici triangoli134.

Similmente, ancora i luoghi dei pianeti si ponno perpendere; overo per le congiontioni loro con le fisse.

In tal modo i primi philosophi s'accorsero ch'el moto delli cinque erratici havea col moto del Sole certa colligantia.

Perché sempre, poi dalla coniontione del Sole con qualvoi delle tre superiori, vedeano il pianeta moversi diretto et veloce, et la velocità a poco a poco allevarsi finché parea stationario, et poi retrogrado, et nel mezzo della retrogradatione opposto al Sole, et poi un altra volta stationario, et poi con lui, et cossì sempre fare.

Onde compresero che, in ogni coniuntione media del Sole col pianeta, tornava quella medesima diversità di tal moto.

Et perché, ad equali distantie del pianeta dal medio loco del Sole, (ale quali rispondono tempi quasi equali) non si trovava, in tai tempi, il pianeta haver fatto moti equali, questo non potea esser se non, o ch'el moto del'orbe sopra il suo centro fosse irregulare135 (il che la natura abborre), o che l'orbe fosse dal mondo eccentrico.

Così trovaro, in ciascun delli tre superiori, due diversità. Ala prima, la quale torna ad ogni media coniuntione del Sole con loro, diedero l'epiciclo, perché trovaro il tempo dal moto velocissimo al mediocre, maggior136 che'l tempo dal moto mediocre al moto [C:112r] tardissimo. Il che conviene all'epiciclo, et non all'eccentrico.

Ancora per salvare i moti delle latitudini, l'epiciclo è più commodo.

All'altra diversità diedero l'eccentrico, perché trovaro che'l tempo del moto tardissimo, che accade per questa diversità, al moto mediocre <è137> maggior chel tempo dal moto mediocre al moto velocissimo.

Ancora i luoghi del moto tardissimo et velocissimo sono nel zodiaco opposti per diametro, et secondo il moto delle fisse stelle apparsero moversi; le qual due cose non ponno accadere salvo che all'eccentrico.

Ma in Venere et Mercurio, i primi consideratori trovaro che, oltra certi termini, dal Sole non s'allontanavano, et che circa il mezzo, sì della direttione come del regresso, erano col Sole, et appresso le stationi, da quello remotissimi.

Onde conchiusero che tal progresso et regresso non si potea, se non mediante l'epiciclo, farsi.

Et perché vittero che l'aggregato delle due massime et contrarie distantie, ch'haveano dal Sole in un luogo del zodiaco, non era equale a tale aggregato che in altro li accadea, però fu necessario che l'epiciclo, in alcun luogo del zodiaco, fusse più alla terra vicino, che in un altro loco.

Et per questo puosero che'l deferente dell'epiciclo fosse eccentrico; il quale circumdusse l'epiciclo sempre col sole, di modo che'l pianeta, quinci et quindi, tanto dal Sole s'allontanasse, quanto patisse l'ampiezza dell'epiciclo.

Il primo speculatore del moto di Venere, come [C:112v] Plinio scrive, fu Pythagora, et del moto di Mercurio, Ctesia et Sosigene.

Anchora perché l'epiciclo meno accelera il moto mediocre col moto diretto, che col retrogrado lo retarda; però certo fu il pianeta nella superiore parte dell'epiciclo moversi diretto, e nell'inferiore retrogrado; che l'epiciclo nella parte più remota men diversifica il moto mediocre.

Et così il moto dell'epiciclo delli cinque erratici va per contrario a quel della Luna.

Osservaro, dunque gl'antiqui, il pianeta in alcun luogo nominato del zodiaco, et in certa distantia dal medio loco del Sole, et poi axpettaro finché il pianeta tornasse a quel loco medesimo138 del zodiaco, con tal conditione, che havesse quella medesima distantia dal luoco medio del Sole.

Perché, in tal modo, il pianeta havea compito intiere rivolutioni nell'eccentrico, perché il centro dell'epiciclo havea già tornato dove era pria; et nello epiciclo, perché il pianeta distava dal medio loco del Sole, tanto quanto pria, et però havea tornato a quel punto dell'epiciclo dove era pria.

Il tempo dunque tra questi due osservationi sarà cognito, et cognito anchor il numero delle rivolutioni.

Perché, nelli tre superiori, il numero delle rivolutioni dell'epiciclo139 col numero delle rivolutioni dell'eccentrico fanno il numero delle rivolutioni del Sole in quel medesimo tempo, et, nelli dui inferiori, il numero delle rivolutioni dell'eccentrico [C:113r] è uguale al numero delle rivolutioni del Sole a quel medesimo tempo.

Et il numero delle rivolutioni dell'epiciclo si haverà, sapendo pria il tempo d'una rivolutione appresso il vero.

Il numero, dunque, delle rivolutioni, multiplicato per 360, sarà ridotto in gradi. I gradi, divisi per lo numero delli giorni dell'intervallo, rendono la quantità del moto diurno.

Il luoco dell'auge dell'eccentrico si comprende, considerando due elongationi massime et contrarie del pianeta dal medio loco del Sole, li quali elongationi siano equali, et in Mercurio, l'una sia di manifesto cremento, et l'altra di manifesto decremento.

Perché, con tal conditioni, è necessario che l'auge dell'eccentrico, o l'opposito del'auge, sia in quel punto del zodiaco, il quale per mezzo parte l'arco tra i luoghi medij del Sole nelle due considerationi.

In tal modo fia cognito in quai luoghi seca il zodiaco la linea dutta per li centri del mondo et del deferente, la quale determina l'auge, et l'opposito.

Et trovosse, per più experientie, che questa linea si move col moto dell'8o cielo, et così negli altri pianeti.

Ma in qual140 di quelli due loci sia l'auge, et in qual l'opposito, si comprende axpettando, et osservando due elongationi massime del pianeta dal medio loco del Sole. Con tal conditione, che i due luochi medij del Sole, in tali due osservationi, siano in detti due luoghi de [C:113v]terminati per la linea dell'auge.

Perché il luogo dell'auge sarà in quel luoco medio del Sole, dal quale l'elongatione maxima fu minore.

Et, da queste due elongationi, si comprende facilmente la proportione del semidiametro dell'epiciclo alle distantie del centro dell'epiciclo dal centro universale et ala eccentricitate; perché le linee del vero luoco del pianeta; in queste due osservationi; contingono l'epiciclo, et con li semidiametri di quello, et la linea dell'auge fanno triangoli141, di cogniti angoli, et però di cognita proportione de lati.

Ma tal punto eccentrico, in Mercurio, non sarà il centro del deferente, perché il centro dell'epiciclo distante dall'auge per un triente142, secondo il medio moto, si trovò più vicino al centro del mondo, che si trovò nell'opposito dell'auge.

Il che altrimente non può accadere, che supponendo chel centro del deferente si mova nella periferia de un parvo cerchio, il cui centro sia il punto eccentrico detto. Si mova, dico, contra l'ordine dei segni tanto, quanto il centro dell'epiciclo dal'auge si discosta, secondo l'ordine dei segni.

Da poi consideraro due longitudini massime del pianeta, da un medesimo loco medio del Sole in diverse parti, con questa conditione, che il medio loco dell'epiciclo, cioè il medio loco del pianeta, per più facilità, sia distante per una quarta [C:114r] di cerchio dal'auge dell'eccentrico del pianeta.

Et poi, dal centro del'epiciclo, trassero una linea equidistante alla linea del medio loco del Sole, insino alla linea dell'auge dell'eccentrico.

Perché tal linea ivi determina un punto, sopra il quale, il centro dell'epiciclo si move regularmente143, et il quale si chiama centro del'equante.

Così dagli angoli delle longitudini massime, et della metà di loro aggregato, si cava la proportione della linea dal centro del mondo al centro dell'epiciclo, alla linea tral centro del mondo et il centro dell'equante; et la proportione di questa col diametro dell'epiciclo, et col semidiametro del parvo cerchio.

Onde si trovò il centro dell'equante essere medio tral centro del mondo, et il centro del parvo cerchio, et esser nela periferia del parvo cerchio.

Et quinci siegue chel centro del deferente, col centro di l'equante, et cerchio, con cerchio, una volta l'anno si counisca.

Et dove habiam fatto mentione dell'auge in Mercurio, s'intende del'auge del'equante; perché l'auge dell'equante, per la mobilità del centro del deferente, ma sempre pure, si trova tra due rette tirate dal centro del mondo, et contingenti il parvo cerchio.

Ma in Venere, per simili regule, si comprese che il centro del deferente sia medio tral centro del mondo et il centro dell'equante.

Et così pone Ptolemeo anchor nelli tre superiori pianete, et oltra questo, quanto a tutti cinque che la linea del [C:114v] centro di l'equante per lo centro dell'epiciclo determini l'auge media di quello, dalla quale il pianeta si vada elongando regularmente, et questo non per altra caggione, se non che alla positione concorda l'esperimento.

Et per la colligantia, che hanno i tre superiori nella rivolutione dell'epiciclo col moto del Sole, quando il pianeta si trova nell'auge vera dell'epiciclo, è anchora nella linea del medio moto del Sole; et quando si trova nell'opposto dell'auge vera dell'epiciclo, è direttamente nell'opposito del medio loco del Sole.

Onde sieque che tando , havendo il luoco vero del pianeta, quel medesimo sia il loco vero dell'epiciclo, perché il centro dell'epiciclo et il centro del pianeta sono in una retta.

Or da tre luoghi del'epiciclo, per tal regula cogniti, considerati gli intervalli delli moti equali nella ciconferentia dell'equante, et gli intervalli del moto apparente, et protatte le corde, come bisogna, si trova la distantia del centro dell'equante dal centro del mondo, et anchora il luoco dell'auge del deferente.

Et benché l'angoli, contenti dalle linee tirate dalli punti dell'equante al centro della terra, siano un poco discrepanti dagli intervalli del moto apparente (per la diversità delli centri dell'equante, et deferente) pure li detti intervalli si ponno intratanto usare in loco delli detti angoli; et trovarsi l'eccentricità, et il luoco dell'auge.

Et da l'eccentricità et auge, poi conoscere la discrepantia [C:115r] di detti angoli, et intervalli, et cossì sapersi l'angoli più impresso il vero144, et con essi, come pria, trovare più precisamente la eccentricità et l'auge.

Et questo repetere tante volte, finché si venga alla precisione, il che tando fia, quando dal luoco dell'auge et dalla eccentricità, così trovate, et dall'intervalli del moto medio tra le tre osservationi, extrahendo l'intervalli del moto vero, si trovano conformi all'intervalli dell'osservationi.

Et se accadesse, come dice Giovanne de Regio Monte, trovarsi quattro145 lochi dell'epiciclo, ponendo il pianeta nell'opposito dell'auge dell'epiciclo, di modo che l'intervallo del tempo, tra questi due luoghi, fosse equale all'intervallo tra quelli due; tando l'auge del deferente fora nel mezzo di quelle due, et queste due habitudini.

Et quinci si può extrahere l'eccentricità, et vedere se vero è, quel che dice Ptolemeo, cioè se il centro del deferente sia equidistante dal centro del mondo, et del'equante.

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